01-11-2004

 

 

 

‘THE DOORS’ secondo Alan J-K-68 Tasselli

 

Sono sempre stato contrario alle ‘ultra-mitizzazioni’ tradotte in forma cinematografica, ovvero quelle pellicole il cui scopo principale sembra vertere sullo ‘stordimento cerebrale’ dello spettatore, sorta di ‘distorsione della mente’ sotto forma di immagini.

‘THE DOORS’ di Oliver Stone e’ emblematico, in questo senso: esso risulta essere piu’ un ‘viaggio’ che una compatta, fedele biografia su di una indissolubile icona musicale del Ventesimo Secolo: il film e’ uno ‘sballo’ continuo, le ‘pazzie’ ed ossessioni di Jim Morrison vengono ‘vomitate’ dal grande schermo sulla platea di adoranti fans: e’ praticamente impossibile scindere lo stato di febbricitante, ‘malata’ eccitazione della folla ai concerti dei Doors dal sentimento di morbosa, insaziabile  curiosita’ espressa dall’’altra folla’, ovvero i ‘cinema-goers’ piombati nelle sale cinematografiche, spinti dal feroce desiderio di assistere finalmente alla tanto agognata versione cine-biografica dedicata al loro immortale eroe, la cui figura non e’ mai stata abbandonata, ad oltre 30 anni dalla sua misteriosa morte, da quell’alone di leggenda ed enigma che da sempre avvolge il personaggio-Morrison.

THE DOORS e’ (fastidiosamente) permeato, lungo l’arco delle oltre due ore di durata, da una sovra-abbondanza di ‘effetti-shock-scenici’ cosi’ cari al regista americano: il film non e’ che una provocazione continua, spossante nei suoi ‘reclami morrisoniani’ di feroce lotta alle obsolete istituzioni familiari e religiose di un Paese in perenne spirito di contraddizione: in sintesi, Oliver Stone sembra piu’ interessato a regalare allo spettatore uno ‘spaccato lisergico’ e tumultuoso di un periodo assai critico e cruciale per la gioventu’ americana, in drammatico bilico tra l’incubo della guerra in Vietnam e l’insormontabile utopia di poter vedere, un giorno, una societa’ piu’ permissiva, liberale e non condizionata da pregiudizi razziali. Jim Morrison ebbe l’indiscusso merito di fungere da ‘spartiacque’ tra il modello di vecchio, oramai patetico regime indissolubilmente legato ai concetti di religiosita’ ed estremo conformismo made-in-Usa e la nuovissima figura di ‘youngster’ ribelle, anarchico ed al contempo dotato di completa liberta’ di pensiero: in definitiva, tutto cio’ che l’ultra-perbenista establishment americano non vedeva di buon occhio. Ma l’aver trasposto in celluloide la spregiudicata, delirante follia esistenziale del buon vecchio Jim non e’ sufficiente a dare dignita’ ad un personaggio si’ eccessivo e debordante ma altrettanto determinante nell’infrangere le barriere di una dilagante ipocrisia, quello si, un tumore che necessitava di essere ‘asportato’ dalle sensibilissime coscienze giovanili di allora: io ho sempre sostenuto Jim Morrison fosse MOLTO, MA MOLTO DI PIU’ che un ‘patetico ubriacone’ tutto dedito a ‘scopare-bere-bucarsi-e-trivialita’-masturbatorie-da-concerto’: questo e’ stato l’errore piu’ grossolano compiuto da Stone: evitare, volutamente, di descrivere la figura di Morrison attraverso un’ottica strettamente piu’ umana, abusando, invece, di un incessante ‘martellamento-acid-trip’ il quale, una volta terminata la pellicola, non puo’ che suscitare in noi un senso di nausea e repulsione, quasi fossimo costretti a disintossicarci da una digestione non andata a buon fine. Non vi sembrera’ poi cosi’ strano ed inammissibile che Ray Manzarek, il leggendario tastierista co-fondatore dei Doors, sia scappato via, inorridito, a meta’ delle riprese a causa delle sue ‘incongruenze artistiche’ con Oliver Stone: evidentemente Manzarek la pensava allo stesso modo del sottoscritto…!!… Di certo, l’edipico ‘Re Lucertola’ non avrebbe avvertito ulteriore bisogno di vedersi rappresentato, per la milionesima volta, come ‘Messia del Ventesimo Secolo’, l’incauto, spudorato ‘agitatore delle masse’: sarebbe stato assai piu’ lecito ed originale incentrare la pellicola sul Morrison compositore e poeta, anziche’ ritrarlo come l’insano pazzoide dalla sperticata, inconvertibile indole auto-distruttiva; aspetti ultra-reiterati ed abbondantemente risaputi, che in questa sede Stone accentua ed eleva fino a sfiorare il parossismo puro, smarrendo quel magnetismo accumulatosi durante le primissime fasi del film.

‘THE DOORS’, in conclusione, fallisce nel tentativo di ‘dipingere’, con fermezza e lucida obiettivita’, il carisma del ‘fu Re Lucertola’, finendo piu’ per sembrare una ‘meta-celebrazione’, ovvero una celebrazione all’interno di un rito celebratorio iniziatico, piuttosto che una esemplare, biografia-tributo al di sopra delle parti. Fattore questo che non rende piena giustizia all’impatto culturale e sociale che ebbe Morrison al centro di un delicatissimo contesto all’interno del quale anche cantare i versi originali di ‘LIGHT MY FIRE’ poteva comportare un pesante capo d’accusa e relativo arresto.

Come egli stesso ebbe a dire, in una delle sue piu’ celebri composizioni: ‘no-one here gets out alive’ – ‘nessuno uscira’ vivo di qui’….

…e lo stesso si potrebbe affermare per ‘THE DOORS’ di Oliver Stone…

 

ALAN J-K-68 TASSELLI (LUCA COMANDUCCI)

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