25-09-2004

 

 

 

'M.A.S.H.' secondo Alan J-K-68 Tasselli

 

‘M.A.S.H.’ (Robert Altman) ‘irruppe’ nelle sale cinematografiche di tutto il mondo in un 1970 ancora inevitabilmente, emotivamente condizionato dai moti rivoluzionari post-sessantottini. Fino ad allora nessun cineasta aveva osato in maniera cosi’ ‘selvaggiamente’ acida’ prendersi gioco delle Istituzioni Militari statunitensi: ne sarebbe dunque scaturita una pellicola in cui il non-sense e predominante sentimento di ilarita’ andranno a costituire un nuovo stile ‘barbaramente’ satirico, pungente e castigatorio nella sua originalissima denuncia anti-bellica.

‘M.A.S.H.’ si potrebbe riassumere come un’inedita allegoria sulla demenza ed ottusita’ di un regime militaristico che, nell’esaltare il proprio futile, grossolano patriottismo, finisce per (involontariamente) parodiare se’ stesso: concettualmente, ‘M.A.S.H.’ va immediatamente collocato sulla scia de ‘IL DOTTOR STRANAMORE di Kubrick, Madre di tutte le pellicole incentrate sulla satira anti-militarista. Sebbene, a differenza del sommo capolavoro kubrickiano, l’opera di Altman si distingua per un certo tono insolentemente ‘macchiettistico’, in perenne bilico tra travolgenti ‘teatrini’ di stampo quasi ‘cabarettistico’ ed irresistibili momenti al limite del surrealismo puro. Nessuno dei protagonisti coinvolti in quell’assai improbabile Ospedale Militare (a cominciare dallo speaker dell’altoparlante, le cui grottesche, a tratti meravigliosamente comiche gaffes verbali costituiscono una delle principali trovate geniali di M.A.S.H.) intende prendersi troppo sul serio, anzi: benche’ ‘pesantemente corresponsabilizzati’ dall’investitura di ‘chirurghi militari’, la gang capitanata da due impenitenti, debordanti mattacchioni quali ‘Occhio di Falco’ (Donald Sutherland) e ‘Trapper’ (Elliott Gould), diverte e stupisce per ‘impudica non-professionalita’’, rivelando una forma di implicito sadismo nei confronti dell’eccessivamente conformistico establishment bellico. Esemplare e’ il netto contrasto che si instaura tra l’adrenalinico, sprezzante, caustico humour dilagante per tutto il Campus e l’apparente serieta’ e tensione dominante nelle sale operatorie, dove, almeno in queste drammatiche circostanze si spera, i ‘Nostri inguaribili simpaticoni’ sono, anche se solo per poche ore, richiamati al loro ‘antico dovere’: il sangue dei feriti di guerra schizza e fuoriesce dalla arterie con lo stesso impeto con il quale Sutherland, Gould e Soci si ‘adagiano’, sornionamente, su di una ‘non-emotivita’’ che quasi rasenta il cinismo puro…! Ad un certo punto, la visione e spirito anti-militarista della troupe chirurgica sembra oltrepassare, seppure con ilarita’ e contagiosa irriverenza, il limite umano consentito: vittime del loro terremotante, gelidamente incurante sarcasmo non sono piu’ solo comandanti o diretti superiori, bensi’ ANCHE gli stessi soldati dissanguati ai quali essi dovrebbero, sia in termini professionali che, soprattutto, etici, salvare la pelle.

Attraverso una sceneggiatura graffiante e abrasiva, Altman trasforma quell’ Ospedale Militare del Nord Corea in un ‘festival’ di acido umorismo, avente una forza d’urto satirica pari a quella di un rozzo hippie che, nel bel mezzo di una cena aristocratica esclusivamente presenziata da nobili spocchiosi ed ultra-snob, non si cura affatto di trattenere un fragoroso, roboante rutto, tra l’incredulita’ e l’imbarazzo generale. E i principali ‘martiri’ ‘seviziati’ dalle atroci trovate del clan chirurgico piu’ eccentrico e goliardico del Cinema, ovvero Miss. ‘Bollore’ (Sally Kellerman) ed il Maggiore Frank Burns (Robert Duvall), costoro simboli della piu’ efferata e ‘criminale’ retorica militarista, non possono che essere, passivamente, ‘assorbiti’, ‘risucchiati’ da quel ‘piccolo Universo di folle lunaticita’ e terrificante, perverso non-sense’.

In mezzo a questa spassosissima schizophrenia collettiva, emerge, in qualita’ di anomalia stilistica, la scena piu’ lirica e coinvolgente di M.A.S.H.: il funerale surreale in onore di ‘Cassiodoro’, il ‘super-Don Giovanni del Campus appena scopertosi omosessuale: durante la ‘processione’, mentre l’aspirante suicida giace steso all’interno della bara, viene intonata una melodia di sontuosa derivazione folk, sebbene contraddistinta da vaghi accenti ‘spiritual’: il brano (‘SUICIDE IS PAINLESS’, il cui testo venne scritto dal figlio di Altman, all’epoca appena 14enne) avvolge la mente dello spettatore con il semplice uso di voce e chitarra: un sound caldo e pastoso, teso a sottolineare, magistralmente, un momento di sospensione ed abbandono, nonostante sia, sottilmente, percepibile quell’atmosfera di non-sense ed ironia/auto-ironia quale peculiarita’ e comune denominatore onnipresente in M.A.S.H.

Infine: la rocambolesca partita di football che chiude virtualmente la pellicola: degno, se non il miglior possibile, epilogo di quella strafottente e divertitissima troupe che aveva, sino a quel momento, ‘sanamente boicottato’ la tronfia rigidita’ del Sistema Militaristico: dopo essersi divertiti a ‘falciare’, ‘diveltere’ le Istituzioni Americane da sempre considerate sacre (religione, politica e militarismo), i folli, iconoclasti, sprezzanti chirurghi si appresteranno a ‘rivisitare’ anche il concetto di Sport Nazionale… A LORO MODO, naturalmente…

M.A.S.H. costituira’ una pietra miliare della New Hollywood avente appena spiccato il volo, consacrando Altman in qualita’ di ‘nuovo ambasciatore di un Cinema liberal e ferocemente anti-convenzionale’: l’apice di questo ‘movimento’ lo si avra’ con NASHVILLE, sempre di Altman, supremo spaccato di un’America in netta fase involutiva, abile solo nel contorcersi su se stessa.

Ma questa, come si suol dire, e’ un’altra storia… o, se preferite, un altro …capitolo di (dissacrante) satira ‘vomitata’, scaraventata dal ‘Grande Castigatore’ Altman sull’assurdo, patetico ed ‘immorale moralismo’ made-in-America

 

ALAN J-K-68 TASSELLI (LUCA COMANDUCCI) 

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