31-07-2004
PICNIC A HANGING ROCK secondo ALAN J-K-68 TASSELLI
Non esiste, dinanzi ai miei occhi, cuore e mente, un film altrettanto bello, coinvolgente, inquietante ed intrigante… Qualsiasi cinefilo o supposto-tale sia convinto di poter fare a meno di PICNIC A HANGING ROCK non avra’ (MAI!) il diritto di auto-proclamarsi un grande appassionato ed amante della Settima Arte… Pellicole cosi’ oggi non esistono ne’ si producono piu’’: sembra sia stato smarrito quel meraviglioso, impudico, audace senso della scoperta dei sentimenti: l’emotivita’ che scalpita e travolge in PICNIC A HANGING ROCK e’ cosi’ intensa, fiabesca ed onirica da formare un effetto speciale unico, nel suo genere… Cosi’ UNICO da ridicolizzare anche la produzione cinematografica moderna dotata dei piu’ eclatanti ed innovativi effetti speciali….
…perche’, e sappiatelo, PICNIC A HANGING ROCK e’ uno degli ultimi esempi di Cinema non ancora boicottato dalle insulse, deleterie sovra-produzioni hollywoodiane che, nel corso di questi ultimi 30 anni, hanno gradualmente spazzato via il concetto di emozione e pathos umani, in favore di complessi marchingegni e trovate effettistiche di assai dubbio, volgare, raccapricciante gusto….
Se non altro, questo “splendidamente anacronistico” film potra’ riportarvi a cio’ che avete perso lungo la strada… e chissa’… forse anche a farvi re-innamorare del Cinema… quello VERO ed INCONTAMINATO….
Il “Cinema di una volta”… se ancora cosi’ si puo’ dire…
ALAN J-K-68 TASSELLI
Cio’
che primeggia in "PICNIC A HANGING ROCK" e’ il dualismo tra estrema
razionalita' ed oscuro ignoto: immerso nell'epoca vittoriana di inizio '900, la
pellicola di Peter Weir produce oblique simbologie, innalzando
quell'impareggiabile "senso del contrasto" che vede contrapposta la
civilizzazione ed urbanizzazione dell'uomo alla monolitica, intatta
spiritualita' ed esoterismo emanati dalla roccia millionaria (Hanging Rock). Il
pubblico sembra venire subliminalmente, irreversibilmente attratto da quello
stesso magnetismo che le tre giovani ed avventurose fanciulle (Miranda, Marion
ed Irma) subiscono lungo il loro graduale scalare l'imponente roccia vulcanica.
E' fin troppo chiarificatoria l'intensa, inusuale atmosfera che si percepisce
sin dalle prime immagini del film: il flauto di Pan suonato da Gheorghe Zamfir
e' il perfetto contrappunto, l'idilliaca colonna sonora di quel pomeriggio del
14 Febbraio 1900 che avra' si’ un inizio, ma che mai vedra’ un epilogo: dal
momento in cui il gruppo di ragazze del Collegio Appleyard giungera’ ai piedi
della roccia al fine di festeggiare il giorno di San Valentino, ha inizio la
parte piu’ coinvolgente, inquietante, esoterica e magica di Picnic A Hanging
Rock: lo spettatore, in particolar modo quello dotato di maggiore trasporto
emozionale, non potra’ resistere al fascino subliminal-esoterico infuso dal
flauto di Zamfir, flauto che crea un’unica, maestosa ed insuperata simbiosi
con i misteri e segreti della sovrastante, possente roccia vulcanica. Di fronte
a Madre Natura, l’essere umano civilizzato non potra’ mai agire, semmai solo
subire: subire il suo fascino occulto e mai del tutto svelato. Si tratta
dello stesso fascino, potere magico che le tre ragazze avventuratesi sugli
ostici sentieri di Hanging Rock percepiscono, in particolare Miranda, di certo
il personaggio centrale di tutta l’opera di Weir, colei che sembra godere di
poteri sensitivi di gran lunga superiori a quelli delle sue compagne di
escursione. “Lei sa cose che voi non vi immaginereste neanche…” –
affermera’, profetica, Sara, rivelando, seppur implicitamente, la
sensitivita’ di Miranda.
A
noi comuni mortali sara’ solamente concesso formulare ipotesi, congetture,
supposizioni, accumulando dubbi su dubbi, incertezze su incertezze, ma
arrivando, di fatto, a nulla: perche’ proprio il “nulla”, l’ignoto,
cio’ che esiste e fluttua al di la’ di ogni confine legato alla logica, non
potranno che apparire all’uomo in veste di enigmi infinitamente criptici,
destinati ad una inevitabile, rassegnata irrisolvibilita’. Altrimenti, che
spiegazione oggettiva mai potremmo fornire quando al centro di ogni questione
risiede Madre Natura, ovvero la vita prima ancora della vita, il tempo
ancor prima del tempo? Miranda, seppure inconsciamente, aveva,
antecedentemente la gita (e nel film lo si intuira’ quando, durante i
preparativi mattutini per la gita di Hanging Rock, rivelera’ a Sara “Faresti
meglio a cercarti qualcuno a cui voler bene… io non staro’ qui ancora a
lungo…”) gia’ avvertito quelle “forze oscure ed obliquamente
indefinite” che la avrebbero strappata all’inespressiva routine di ogni
giorno: nessuno, forse nemmeno il piu’ intuitivo degli spettatori puo’
accorgersi tale profetica affermazione si tratti di un addio non solo alle
rigide, restrittive regole del Collegio ma anche l’addio al mondo materiale
dominato dalla logica, l’addio ad una esistenza per abbracciarne un’altra,
incerta ed inquietante ma al contempo nuova ed inesplorata, e per questo
infinitamente magnetica: fuga da una civilta’ troppo schematica e prigioniera
di assurdi preconcetti e razzismi per essere vissuta da uno spirito libero come
Miranda.
La staticita’ della roccia, unita alla sua incertezza di piccoli boschi e sentieri rimasti a lungo inesplorati, funge meravigliosamente da contraltare all’allegria e spensieratezza delle collegiali, ingenuamente sopraffatte da cosi’ tanto mistero; cosi’ ci appaiono antitetici il tono fiabesco, “sovra-dimensionale” e fuori dal tempo del Picnic sulla roccia, e la realta’ del Collegio impersonata dalla dura, inflessibile Direttrice Appleyard a cui si antepone la romantica, sognante e ribelle Sara: lo spirito di intensa allegria ed atmosfera instauratesi fra le ragazze durante lo svolgersi del party di San Valentino ai piedi della roccia, atmosfera amplificata da un clima afoso e soleggiato di fine Estate, si scontra, dunque, con il pathos tetro e decadente della stanza in cui Sara subisce la personalita’ rigida e dittatoriale di Miss Appleyard.
In
sintesi, assisteremo a due mondi, uno nettamente contrapposto all’altro:
quello in cui domina il pragmatismo di una Societa’ perfettamente integrata,
il cui unico scopo e’ educare i propri figli secondo rigide e mai
compromettenti regole e discipline, limitando pero’ gravemente, al tempo
stesso, la liberta’ di spirito ed innocente ribellione di cui un adolescente
avrebbe sempre bisogno, al fine di sviscerare i propri istinti, la propria
personalita’ e creativita’; il secondo avente, invece, come epicentro Madre
Natura e le sue immortali creature la cui bellezza e’ rimasta inalterata,
intatta nel tempo: simbolo, questo, di ignoto e mistero, segreto ed
infinita curiosita’, nonche’ assoluta liberta’ di interpretazione da
parte dell’uomo: e sara’ proprio il tempo a doversi inchinare, quel giorno
di San Valentino, dinanzi all’oscuro, inevitabile magnetismo profuso dalle
rocce, come se ci fossimo inoltrati in nuova, sconosciuta, inesplorata dimensione.
Il
fascino subliminale ed esoterico che costituisce PICNIC A HANGING ROCK e’
frutto di un insieme di elementi e fattori perfettamente integrati e
superbamente coordinati dal geniale Weir, con il preciso intento di impedire
allo spettatore di giungere ad una logica, “terrena”, fin troppo prevedibile
soluzione; dividerei, dunque, il film nei seguenti, salienti tratti:
-
il
contesto temporale:
quale migliore ambientazione Joan Lindsay (l’autrice dell’omonimo romanzo)
avrebbe potuto scegliere per la narrazione della misteriosa apparizione? Il 1900
viene, in questo preciso contesto, calato nella funzione, simbolica, di “alba
dei tempi”: offrirci uno spaccato d’epoca in cui non erano ancora
presenti telefoni, radio, macchine, aerei, uniti alla classica “elettricita’
domestica” di cui oggi nessuno di noi potrebbe fare a meno, e’ quanto di
piu’ affascinante ed intrigante: io stesso sono rimasto implacabilmente
attratto, “stordito” dalla grazia e dalla armoniosita’ di quelle
fanciulle, cosi’ struggentemente immerse nel loro tempo, cosi’ ritualistiche
nei minuziosi preparativi mattutini;
-
l’inusuale
atmosfera di sospensione nel tempo:
gia’, sospensione nel tempo: si ha, da subito, la sensazione di una
giornata differente dal solito, una giornata ricca di Sole e colma di speranza
per il futuro, futuro accompagnato dalle sue irrinunciabili, romantiche utopie;
l’atmosfera e’ decisamente piu’ intensa che in altri giorni: fra le
collegiali Appleyard viene ad instaurarsi un’alchimia e complicita’
pressoche’ perfette: i cuori sembrano battere piu’ forte, gli occhi
acquistano un’inedita espressivita’, mentre l’ego di queste fanciulle si
innalza e vola libero, oscillando, armoniosamente volteggiando in aria.
L’emotivita’ che si percepisce e’ fortissima, scatenante, contagiosa,
struggente, commovente. La sessualita’ non viene esercitata in maniera ambigua
e volgare, anzi: e’, essa stessa, sinonimo di innocenza e grande, arcaica
spiritualita’. Un’innocenza ed una spiritualita’ che l’uomo avrebbe
drasticamente smarrito lungo il corso di quel Secolo che aveva, da poche decine
di giorni, schiuso gli occhi all’Universo;
-
-
infine, il flauto di pan: il successo, la fama, il
prestigio e la straordinaria bellezza di una pellicola come PICNIC A HANGING
ROCK lo si deve in particolar modo a questo antichissimo strumento, suonato con
invidiabile, metafisica emotivita’ dal grande Gheorghe Zamfir: mai
accompagnamento musicale ha funto in maniera cosi’ fiabesca ed onirica da
complemento alle immagini di dolcissima, eterea, surreale “sospensione”
presenti nel film, in peculiar modo nelle scene avvenute durante il picnic e
susseguente misteriosa scomparsa.
Sappiate,
dunque, che PICNIC A HANGING ROCK non si tratta solo di una bellissima,
insuperata pietra miliare della Storia del Cinema: esso e’ molto, molto di
piu’: e’ cio che io definisco un “film fuori dal tempo”, o, ancora
meglio, “uno spaccato di Cinema fuori da ogni contesto
spazio-temporale”…
…gia’,
un film ed una vicenda estranei a qualsiasi collocazione spazio-tempo, proprio
come quel giorno di San Valentino del 1900 ad Hanging Rock……..
ALAN
J-K-68 TASSELLI (LUCA COMANDUCCI)
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