03-11-2002
EMERSON, LAKE AND PALMER
Tasselli si sofferma sulla figura di KEITH EMERSON: (poco) genio e (molta) sregolatezza
apparentemente indistruttibile.
Dopo aver scritto una delle pagine piu' memorabili del rock sinfonico
con i NICE (ed il loro insuperato capolavoro, ARS LONGA VITA
BREVIS, edito nel 1968, quale album manifesto di una nuova era
pronta a fiorire ed a disseminare "frutti" di ogni tipo, senza fra
l'altro dimenticare un altro caposaldo quale FIVE BRIDGES SUITE,
forse ancora piu' convincente di ARS LONGA), Keith Emerson,
tastierista dall'impeccabile, immediatamente riconoscibile virtuosi-
smo, decide, sulla "scia" fornita dai CREAM (il primo super-gruppo
della storia), di fondare anch'egli un terzetto che rappresentasse
la fusione di tre tra i maggiori talenti che la scena britannica aveva
espresso sino a quel punto. A tal proposito ingaggio' GREG LAKE
(cantante e bassista, reduce dall'esperienza straordinaria del
capolavoro progressista IN THE COURT OF THE CRIMSON
KING, opera di "rottura" da parte dei leggendari
KING CRIMSON di Robert Fripp) e CARL
PALMER, costui poderoso batterista in precedenza membro
degli ATOMIC ROOSTER, un complesso dominato dalla figura
carismatica (e tormentata) di Vincent Crane, geniale tastierista,
propositore di soluzioni musicali a meta' tra prog e hard-rock.
Ed e' cosi' che dall'unione di questi tre superbi virtuosi ebbe
inizio l'epopea del primo "super-art-rock-group" della Storia
del Rock: gli EMERSON LAKE AND PALMER.
Gia' con i NICE, Keith Emerson aveva affinato e poi perfezionato
quella sua tipica arroganza da "animalesco" "keyboard-man",
imponendosi all'attenzione della stampa musicale come un ibrido
in cui erano riuniti, per la verita' molto accattivanti e inaudite
per i tempi che correvano, numerosi stilemi e tendenze musica-
li: Emerson, infatti, era fortemente attratto dalle contaminazioni
che la musica classica poteva avere con una strumentazione che
si servisse ANCHE di una potente amplificazione: nacque cosi' il termine
di "art-rock-sinfonico" (o perlomeno, Keith Emerson fu uno
dei primissimi, se non addirittura il primo in assoluto, a coniare
questo radicale ed inusuale termine), genere musicale che consisteva
nell'arrangiamento
in chiave rock di sinfonie di stampo classico tratte dal vastissi-
mo repertorio pianistico del grande tastierista inglese.
Fu il primo a proporre composizioni di musicisti quali TCHAJ-
KOWSKY, MUSSORGSKY, SIBELLIUS, MOZART "rigenerate"
sotto forma di epiche jam-strumentali, chiaro pretesto onde poter
sfoggiare, senza titubanza o timore reverenziale alcuno, tutto il
proprio, caratteristicamente straripante ego musicale (poi via via
trasformatosi in sommi, indigeribili atti di auto-compiacimento
di carattere gratuito ed altamente ingiustificato...).
Il grande esordio avviene nel 1970, ed e' a tutt'oggi, meritatamente,
un esemplare spaccato di "art-rock" conciso e mai debordante,
dove le indisponenti, a volte ingombranti personalita' dei tre musici-
sti trovano il giusto equilibrio; la miscela musicale proposta non sembra mai
cadere nel
ridicolo, oppure in eccessivi solismi auto-celebrativi, come invece
purtroppo accadra' a partire dalle prove immediatamente successive.
Le indiscusse vocazioni virtuosistiche di Emerson trovano il
massimo compimento nelle due mini-suites THE BARBARIAN
e, in particolar modo, in THE THREE FATES, ma non si ha quasi
mai l'impressione il grande tastierista voglia strafare o rubare
insolentemente la scena agli altri due. D'altronde Greg Lake
eccelle nella mielosa (ma deliziosamente romantica e mai banale)
ballata LUCKY MAN, mentre Carl Palmer si dimostra tra i migliori
e piu' eclettici batteristi in circolazione grazie alle impressionanti
performances stilistico-esecutive sfoggiate in TAKE A PEEBLE e, guarda caso,
in THE THREE FATES.
Per la serie: (forse) meglio di cosi' non poteva proprio andare.
Ed infatti.... non andra'..... TARKUS, uscito l'anno successivo, mostrera'
(a dir il vero non poi cosi' sorprendenti...) alcune
cadute di tono; l'LP e' caratterizzato dall'egemonica,
lunghissima
suite che porta il nome del titolo dell'album. Essa e' quanto di piu'
pretenzioso ci si possa aspettare da un complesso di art-rock- sinfonico ed il
predominio "artsy"
di questo "effort" e' ulteriormente contraddistinto dalla man-
canza di sciroppose, romantiche ballate in tipico "Lake-fashion".
Nondimeno, in TARKUS sono presenti due evidenti "throw-
aways" (scarti) quali JEREMY THE BENDER e la fiacca
ARE YOU READY EDDY?..., chiaramente inutili riempitivi.
L'ensemble si rivela essere decisamente piu' egoistico, sebbene
la "musicianship" del trio rimane ancora a livelli accettabili;
TARKUS si rivelera' essere un episodio tutto sommato
felice della loro decennale carriera ed un "must-have" per i
loro sempre numerosissimi fans.
Il successivo PICTURES AT AN EXHIBITION rappresente-
rebbe, idealisticamente, il concerto-tipo emersonlakepalme-
riano, con tutti i "pro" ed i "contro" del caso: da parte
sua
Emerson gigioneggia instancabilmente, irritando non poco
il pubblico (e l'ascoltatore a casa) e gli altri due "partecipanti"
paiono volerlo assecondare a tutti i costi........ I momenti di
felice ispirazione non mancano, ma purtroppo (come dimostre-
ranno anche le loro successive produzioni, a partire da
TRILOGY e poi continuando con BRAIN SALAD SURGERY fino
agli ignobili album pubblicati nelle seconda meta' dei '70)
il "morbo da iper-virtuoso" si e' gia' impadronito della
materia cerebrale dei Nostri (in particolare di Emerson)
e di li' a pochi mesi infettera' tutto o quasi l'establishment
"neo-classic-rockistico", portando ad un clima di saturazione
collettiva ed alla conseguente sterilizzazione un genere
ormai rantolante e prossimo al suicidio artistico.
Keith Emerson, musicalmente parlando, e' lo strumentista
di formazione classica che piu' di ogni altro ha tentato
di avvicinarsi al genio esecutivo di Jimi Hendrix, per quel
che concerne la tastiera. Ma tale merito appare sin troppo
eccessivo (quando non gratuito): Emerson e' stata la piu' lampante
dimostrazione di come un genio esecutivo spesso non sappia
essere un grande musicista, musicista qui inteso nella piu'
pura accezione di "compositore", ovvero creatore, facitore
di melodie e quindi di qualcosa che si avvicini al concetto
di arte creativa. Con Keith Emerson il concetto di musicista
competente ed altamente espressivo assumera' connotati
radicalmente differenti e difformi dai termini con i quali
si tende a descrivere l'immensa portata musicale hendrixiana.
Mentre Hendrix riusci', nel solo arco di tre anni, a rivo-
luzionare il concetto di chitarra (fino a poco tempo
prima considerato un mero strumento di accompagnamento
prevalentemente ritmico), "conducendo" lo strumento verso limiti
sonori e stilistici inauditi, nonche' apportando numerosissime
ed altamente rivoluzionarie tecniche (sia di registrazione
che esecutive), Emerson si limito' a sfoderare uno stile
che via via diveniva sempre piu' "figlio di se stesso",
squallidamente monotono e clamorosamente fine a se stesso, quasi
"anti-musicale"....
Dove Hendrix primeggio', ovvero non solo in termini
strumentali ma anche compositivi, Keith Emerson
falli', impietosamente, ed egli a tutt'oggi risulta essere
l'esemplare piu' lampante di come si possa essere
un grande musicista ma allo stesso tempo cronicamente
incapace di gestire una linea compositiva che non sfoci
altrimenti in pretenziose, inutili cavalcate pseudo-celebrative,
alla fine solo indisponenti e provocanti un forte
senso di irritazione (se non di presa per il c..., come
sarebbe lecito pensare all'ascolto dei suoi "famigerati", kilometrici,
"rivoltanti" assoli......).
Fare musica significa anche (soprattutto!!) saper
comporre melodie; Hendrix era in grado di eccelle-
re sia in veste di implacabile esecutore che in qualita' di
propositore di inediti connubi e cross-overs fino
a poco tempo prima impensabili. Ed e' per questo
motivo che ritengo semi-fallimentare l'arte (o pseu-
do-tale) proposta dal pur bravo Emerson; se
Hendrix e' stato uno dei massimi e piu' originali
esponenti nella breve storia del Rock, Emerson,
al contrario, si e' rivelato essere uno dei suoi figli piu' degeneri, un artista
che ha compromesso la propria arte in favore di
vanagloria, verosimilmente sprecando un grande talento in favore
di vere e proprie "kermesse auto-celebrative", che
tutto possedevano tranne che musica e melodia.
E, non essendoci VERA musica all'interno dei suoi
dischi, che sentimenti mai avra' potuto esprimere, nei
confronti della sua vastissima (ed affezionatissima...?) platea?...
Da inserire tra le icone (?...) rock piu' sopravvalutate di ogni tempo.
O forse non siete di questo parere?...
ALAN "J-K-68" TASSELLI
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