25-09-2002
Fuga indietro nel tempo onde offrire un'accurata
analisi sul
fenomeno del Rock Progressivo Inglese
Solitamente, quando si manifesta una
inedita espressione artistica dalla diffi-
cile collocazione od etichettatura, la
critica di turno si trova quasi sempre
in una condizione di disagio psichico,
attraverso il quale viene pienamente
giustificato il grande "senso di
novita'" che permea nel nascituro
filone
prima di allora mai udito, e quindi del
tutto inedito e rivoluzionario.
Risalire ad una corretta etimologia del
termine "progressivo" comporterebbe
un giudizio analitico ben piu' profondo
ed accurato di quanto si possa credere.
Nondimeno, chi dovra' affrontare questo
delicato (ma necessario) processo
non avra' certamente vita facile, anzi!:
il tempo non e' mai, in casi come
questi, dalla parte di chi giudica;
casomai esso gioca a netto favore del
musicista fautore di rivoluzione ed
innovazione stilistico-musicale, simbolo
di un'epoca in continuo fermento capace
di correre (e di evolversi) alla
velocita' della luce.
"PROGRESSIVE" sta per
"progresso", qui inteso nell'accezione piu'
ampia del termine; spesso e volentieri si
e' abusato di questa etichetta,
volta a definire una decisiva evoluzione
in campo artistico, per quel
che concerneva un'allora (siamo intorno
al 1966, quando l'atmosfera
intorno a pubblico e musicisti comincia a
"surriscaldarsi"...) movimento
pop-rockistico in procinto di legittimare
il suo status di "Arte".
Un passo decisivo si rivelo' essere SGT.
PEPPER, l'arcinoto "concept"
dei Beatles: in molti sostengono sia
questa la data di nascita di musica
rock intesa come "fenomeno
artistico" passato dall'eta' "adolescenziale"
e disincantata ad una piu' autoritaria ed
espressiva, capace di muoversi
tramite concetti ed ideologie proprie,
un'arte musicale del tutto o quasi
indifferente alle mode passeggere che
erano solite succedersi tra gio-
vani e meno giovani di quell'epoca, atte
ad influenzare, piu' negativamente
che positivamente, menti ancora acerbe e
bisognose di nuovi "inputs",
per cui fin troppo facilmente
influenzabili ed assogettabili.
Il cosiddetto "ROCK
PROGRESSIVO" ha origine e sviluppo nella fervente
Gran Bretagna degli Swingin' Sixties, nel
momento di dominio assoluto
da parte dei Beatles e Rolling Stones. E'
francamente impossibile stabilire
una data certa relativa all'inizio di
questa cruciale escalation creativa,
sebbene a grandi linee si possa proporre
il 1966 quale anno di svolta.
I Fab-Four, con REVOLVER, diedero
coscienza a tutto il mondo degli
straordinari prodigi di cui si era capaci
utilizzando a fondo ogni trucco
da studio di registrazione (come
d'altronde dimostreranno a 360° con
il celeberrimo SGT. PEPPER, appena un
anno dopo); con loro le tecniche
di ricerca del suono e di nuove
dimensioni musicali divennero sinonimo
di strabiliante crescita artistica, e
venne data ampia dimostrazione di
come non vi fossero effettive,
prestabilite barriere che si potessero
infrangere contro le piu' ardite
velleita' di un musicista eccitato
dall'i-
dea di poter sconvolgere tutti e tutto,
desideroso come mai prima d'ora
di affrontare nuovi percorsi onde
trascinare la musica rock la' dove
non era mai stata capace di giungere. I
Beatles furono la sintesi di questo
"nuovo concetto", e la loro
musica ne beneficio', raggiungendo inaudite
vette di versatilita' artistica,
mostrando a piu' riprese un'obliquita'
compositiva senza eguali, erigendo il
semplice rock'n'roll a forma d'ar-
te come in precedenza non era stato
minimamente considerato.
Non sto affermando che i Beatles furono i
moderni avventori del futuro
Rock Progressivo, ma, in un certo senso,
sebbene a modo loro, furono
"iniziatori" di una allora
ancora sconosciuta (ma evoluta) ideologia-musi-
cale-creativa.
Per diversi anni il termine
"progressive" e' stato fatto cadere su
gruppi che non avevano quasi nulla da
spartire con questa nuova
corrente musicale: ad es.,
l'ultra-celeberrima, stra-osannata
A WHITER SHADE OF PALE dei Procol Harum,
si poteva etichettare
come "timido tentativo di
pop-sinfonico", ma di "progressive" non
vi era alcunche'; stesso discorso per A
NIGHT IN WHITE SATIN
(ripresa in italiano dai NOMADI con il
titolo HO DIFESO IL MIO
AMORE) dei MOODY BLUES: solo perche' un
brano (peraltro
pregevole) possedeva una struttura piu'
complessa del solito non
dovrebbe definirsi affatto
"progressiva". Ma altre furono le malin-
terpretazioni ai danni del termine
"progressive"; belle canzoni, ma-
gari con arrangiamenti orchestrali sulla
scia di SGT. PEPPER, ma pur
sempre di canzoni si trattava, e niente
piu', francamente.
Per "PROGRESSIVE ROCK"
s'intende tutt'altro: ora siamo nel
1968 e dintorni, quando si affacciano
sulla scena complessi
dall'elevata abilita' strumentistica: i
JETHRO TULL di Ian
Anderson, primo musicista in assoluto ad
introdurre il flauto
in qualita' di strumento solista nel
contesto di un gruppo rock;
i gia' menzionati MOODY BLUES, autori del
sublime ed ambi-
zioso
DAYS OF FUTURE PASSED; i FAMILY di Roger Chap-
man; gli eclettici TRAFFIC di Steve
Winwood, Jim Capaldi
e Dave Mason, autori di una
polifunzionale commistione divisa
tra rock, pop, folk, accenni jazz e soul,
uno dei primi "combi"
ad offrire una 'si' vasta varieta'
stilistica, autentici alfieri
favoritori di un'evoluzione musicale in
costante, irresistibile
ascesa (nonche' geniali strumentisti
senza pregiudizi o
rigide congetture armonico-creative alla
quali dover sotto-
stare); i VAN DER GRAAF GENERATOR,
guidati dall'enigmatico,
contorto, irto di nevrosi e paranoie
Peter Hammill (di non
secondaria importanza l'introduzione di
un inusuale, per
i tempi, strumento come il sassofono,
un'innovazione assoluta
in campo-rock, e questo per merito di un
geniale musicista
quale Dave Jackson); gli EMERSON, LAKE
AND PALMER
(evoluzione dei precedenti, ed assai piu'
eccitanti e originali,
NICE), capostipiti di uno scontato, a
volte fin troppo irritante,
pop-rock-classico-sinfonico, che nella
piu' parte dei casi
si mostrava essere fine a se stesso
nonche' patetico
pretesto onde mettere in risalto le
virtu' solistiche del
pirotecnico, virtuosisissimo KEITH
EMERSON (in definitiva
uno dei musicisti e compositori piu'
sopravvalutati e sovra-
estimati degli anni '70...e non solo...);
infine vorrei citare i
KING CRIMSON di Robert Fripp, il
"Mr. Progressive" per
antonomasia, autore del primo vero
capolavoro-manifesto del
rock
progressivo, IN THE COURT OF THE CRIMSON KING, edito nel
Novembre del 1969. In seguito si
portarono alla ribalta altri
giganti del futuro movimento progressista
quali YES, GENESIS,
GENTLE GIANT, CAMEL, i misconosciuti
AMAZING BLONDEL
(un complesso dotato di estrema
inventiva, propositore di un
sound folk-celtico-medioevale di rara
bellezza, suonato con
strumenti d'epoca, fautori di un
particolare, avvolgente misticismo),
gli straordinari, ultra-cerebrali
SOFT-MACHINE di Robert
Wyatt ed altri ancora (il mosaico e'
davvero infinito...).
Numerose ed assai articolate erano le
intelaiature per mezzo
delle quali si dispiegava il Rock
Progressivo di allora: YES
e GENESIS vertevano principalmente su di
un pop-sinfonico
spesso dilatato oltre i limiti consentiti
(talvolta, come nel
caso degli YES, tali
"dilatazioni" avevano puri connotati
autocelebrativi...); i KING CRIMSON di
Robert Fripp
costituivano invece un ricco, complesso
laboratorio all'in-
terno del quale i musicisti chiamati in
causa apparivano
piu' essere entita' astratte e funzionali
ai progetti del loro
dispotico padrone, per certo la vera
anima di una musica
sempre in crescita e creatrice di generi
e sotto-generi
musicali; in contesti come questi la
forma-canzone in
pratica non esiste piu', essa si evolve,
viene decomposta
e poi ricomposta, ed il risultato sono
incantevoli (a volte
assai pretenziose) suites le quali
fungono da vetrina
per musicisti dotati di spropositati ego
e sempre in lotta
creativa fra di loro; i VAN DER GRAAF
GENERATOR
si puo' dire fossero "figli"
del concetto-"frippiano",
ma devoti ad una loro personalissima
autonomia,
la quale si rifletteva egregiamente nella
figura
del loro
leader naturale, il possente,
evocativo, trascendentale, problematico
Peter Hammill,
sicuramente la voce piu' bella
dell'intenso panorama
progressive; un vocalist in grado di
grattare gli specchi
come di evocare e dipingere momenti di
assoluta liricita',
spesso "piangendo" tramite le
parole dei suoi obliqui,
contorti testi.
I JETHRO TULL erano specchio ed immagine
del loro
leader, il funambolico IAN ANDERSON,
il piu' grande ed autorevole flautista
rock di tutti i
tempi, nonche' sommo punto di riferimento
per molti
appassionati di musica pop a cavallo tra
gli anni '60
e '70. La miscela musicale dei Jethro
Tull, intendo
dire, in particolare, quella dei primi 5
album, ancor
antecedente una paurosa sbandata verso un
pop piu'
convenzionale, fiacco e scontato, era
improntato su
fascinose atmosfere in bilico tra folk di
stampo medio-
valeggiante e sferzate rockistiche
pre-hard-rock,
"condite" dal superbo
eclettismo di un flauto a tratti
fortemente sospeso ed onirico, mentre in
altri contesti
fiabesco e complementato dalla voce
"menestrellina" di un
sempre ispirato Anderson.
I gia' citati TRAFFIC furono forse i
primi a coniare
il termine di "crossover",
mescolando sapientemente
(e con impareggiabile gusto e pathos) i
piu' diversifi-
cati generi allora in voga: pop, rock,
folk, soul,
jazz, senza dimenticare pero'
l'importanza di una
melodia efficace e avvincente.
Riepilogando, risulta assai improbabile
dare una
definizione secca e decisa del termine
progressive;
esso era la complessa articolazione e
manifestazione
dei generi di cui ho dibattuto
soprastantemente.
O forse... si trattava di qualcosa di
molto piu' semplice...
A voi ogni piu' etero-laterale commento
(od analisi)
al riguardo...!!
Io ho solamente cercato di fare del mio
meglio.
E penso di esserci riuscito.
Parola, versi di una mente.... "progressista"....INDEED!!!
....certainly
your very own 21st Century Schizoid Man......
lost
in his eternal own Space.....................
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