26-10-2002
BADFINGER,
L'IMPIETOSO ROVESCIO DELLA MEDAGLIA
Non
sempre l'aver conseguito il successo puo' comportare solo felicita', denaro e
donne a volonta', sorta di harem inattaccabile nel quale poter trovare sempre
rifugio, una volta sfiorato il varco dell'eccesso, cosi' temuto ma anche cosi'
azzardato e malignamente sfidato da decine di avvenenti promesse della musica
pop del Ventesimo Secolo.
Per coloro, pochi ma distinguibilissimi al tempo stesso, che posseggono una
sensibilita'
debordante, straordinariamente fuori dal comune, quasi impossibile da
etichettare
o decifrare, si apre una voragine chiamata follia, spesso (e volentieri)
sfociante in
atti di sconsiderato auto-lesionismo, culminante, naturalmente, nel capitolo
supremo
finale del percorso verso gli Inferi da parte della rockstar di turno:
l'auto-annienta-
mento, o se preferite, l'auto-distruzione. Traumatico simbolo di decadenza di
un'Arte
da sempre correlata al Diavolo, sinonimo di fato perverso ed inconvertibile,
impossi-
bile da controllare, incapace di poter essere vinto o, talvolta, ritardato negli
eventi. E
comunque in perenne, sadica attesa del nostro primo, e forse fatale, passo
falso. L'ultimo di una lunga, vergognosa serie.
I BADFINGER, complesso nato sotto l'aura protettiva dei Beatles, intorno al
1968,
(e quindi in periodo di totale sfacelo intra-personale-artistico per quel che
concerneva i FAB-FOUR), per un buon quinquiennio sono stati sinonimo di
grandezza compositiva, trattandosi essi di felice combo capace di riunire almeno
un paio di straordinari talenti melodici, in perfetto "Beatles-fashion",
caratterizzati da una attenzione spasmodica verso il concetto di melodia nonche'
irresistibili "hooks" dalla perfetta suggestione e carichi di pathos
emotivo, quando non struggente o straziante.
I BADFINGER, un quartetto dedito prevalentemente alla creazione di sontuose
ballate, non a caso riecheggianti stilemi dei loro "mentori", si
dimostravano
anche validi e convincenti propositori di occasionali (sebbene assai
accattivanti)
sferzate rockistiche degne del piu' acido Lennon o del piu' "ruggente"
Mc-
Cartney. Il fulcro ed epicentro compositivo era costituito da PETE HAM e
TOM EVANS (quest'ultimo straordinariamente somigliante a Paul McCartney...),
due eccellenti song-writers (in particolare il primo) ma allo stesso tempo
personalita'
funestate da problemi inter-personali che ne avrebbero condizionato l'intera
carriera artistica (profondo, acuto malessere esistenziale culminato tragica-
mente con il suicidio prima di HAM, nel 1975, poi di EVANS, nel 1983), andando
cosi' a delineare l'impietoso rovescio di una medaglia che sembrava destinata
a splendere per i molti anni a venire.
Molto probabilmente, un buon 90% degli ascoltatori di pop odierno si chiedera'
chi fossero costoro, da dove mai il sottoscritto li abbia tirati fuori, o magari
qualcuno si convincera' semplicemente del fatto che non siano mai esistiti (o
peggio, che il qui presente Tasselli li abbia inventati di sana pianta).
Nulla di tutto cio'! I BADFINGER sono esistiti, eccome!, e in un periodo compre-
so tra il 1968 ed il 1975, seppur a sprazzi e piuttosto discontinuamente, essi
hanno espresso tra le piu' felici e struggenti pagine del pop-melodico dei
primi anni '70. Un po' come per i MOBY GRAPE, per i BADFINGER potrebbe
valere il titolo di "grande promessa mancata", meglio, di "grande
promessa
tragicamente stroncata" da un destino avverso come in pochissimi altri casi
nella Storia del Rock. Certo non capitava tutti i giorni che un gruppo di
giovani
musicisti, nell'ambito di un momento assai cruciale ed oscillante,
"caldo" e
tumultuoso come quello dei tardi anni '60, potessero godere dell'assoluto
privilegio di cooperare con ognuno dei quattro storici scarafaggi. i BADFINGER
parteciparono infatti alle registrazioni del primo album solista di George
Harrison,
nonche' funsero da musicisti di supporto durante la prima edizione della PLASTIC
ONO BAND di John Lennon; in seguito avrebbero fatto parte anche di alcune
incisioni negli album solisti di Ringo Starr. Infine, a chiudere il cerchio'
sara'
virtualmente proprio il principale, indiscusso mentore ed ispiratore
dell'emergente
e talentuoso complesso, Paul McCartney, il quale comporra' per loro il primo
TOP-TEN,
dal titolo COME AND GET IT, edito nel 1968.
Ma il "dito cattivo" avrebbe in seguito rivelato stile e velleita'
propri, e,
seppur mai brillando di estrema originalita', avrebbe imposto la sua
indiscutibile, elevatissima propensione-pop-centrica grazie ad un
promettentissimo autore come PETE HAM, in grado, costui, sia di estrarre dal
proprio cilindro "pounding rockers", cosi' come, con altrettanto,
disinvolto aplomb, delicate,
"note-perfect"-ballads, costruite su bozzetti ricalcanti
ossessivamente, quasi, la fragilita' interiore di un autore in perenne bilico
tra potenziale ultimo giorno vissuto e conseguente rinascita, riuscendo
miracolosamente a colmare "gaps" affettivi nella piu' parte dei casi
insopportabili ed indicanti una decadenza dalla quale pare impossibile
sottrarsi. Fino ad una amara, tragica rassegnazione.
NO DICE (uscito nel tardo 1970) risultera' essere il primo dei due capo-
lavori dei BADFINGER, eccitante, talvolta strappa-lacrime concentrato di
struggente, lancinante poesia in musica, dominato dal song-writing di HAM,
che eccelle in rockers quali I CAN'T TAKE IT, il brano di apertura e NO
MATTER WHAT, che si rivelera' singolo dal discreto successo; ma la vera
perla sara' costituita da MIDNIGHT CALLER, che sembra ricalcare, con
immenso pathos e tatto interpretativo, ELEANOR RIGBY di McCartney,
sommo spaccato di solitudine e glaciale indifferenza da parte di una Socie-
ta' eccessivamente consumistica ed incapace, del tutto, di saper ascoltare.
MIDNIGHT CALLER
e' un superbo canto alla decadenza piu' umana immaginabile, presumibil-
mente una zittella stanca e sola, contro il mondo, incapace di riscattare
la propria condizione di cronica solitudine, lasciandosi andare ad una
perpetua dissoluzione, del tutto priva di auto-compiacimenti o auto-
commiserazione. Ricorda moltissimo Father McKenzie ed il suo sermone
che nessuno avrebbe mai ascoltato, personaggio centrale in Eleanor Rigby,
metafora di una ingombrante, schiavizzante solitudine che sembra non
presagire altra soluzione che l'obbligo ad abbandonarsi a se stessi,
diretti verso il Vuoto piu' assoluto ed annullando ogni stimolo e passione.
Altro highlight di spicco e' BELIEVE ME, francamente una
"sconcertante"
reminiscenza (per non dire PLAGIO) di OH DARLING, la celebre compo-
sizione "rock'n'roll-fashion" presente nel capolavoro crepuscolare
beatlesiano ABBEY ROAD. Evidentemente McCartney ed Evans (l'autore
dell'ehm.... brano) si erano messi sapientemente d'accordo.....
A parte questo "leggero" inconveniente, la melodia e' trascinante e
suggestiva, e suggella un album costellato da vette artistiche che rara-
mente verranno scavalcate in futuro dal gruppo nato sulla scia dei
BEATLES. E non posso certo dimenticare la ballata per cui i BADFINGER
(ed in particolare PETE HAM) verranno consegnati all'immortalita' arti-
stica: quella WITHOUT YOU coverizzata decine di volte da artisti diffe-
renti, fra cui HARRY NILLSSON (che regalera' al pubblico di mezzo
mondo la versione piu' famosa e convincente) o vocalists del calibro di
MARIA CAREY, nel corso dei primi anni '90 (sebbene, e questo va
rigorosissimamente menzionato dal sottoscritto, l'originale batte tutte
le versioni esistenti per magnetismo e fascino, per merito di un arrangiamento
scarno e tagliente, sommo esemplare di "power-ballad").
Segue STRAIGHT UP, altro caposaldo "badfingeriano", edito nel
Dicembre 1971, album decisamente piu' multiforme e poliedrico,
dove alla leadership compositiva di HAM viene felicemente contrap-
posta l'abilita' in fase melodica di TOM EVANS e JOEY MOLLAND,
anch'essi capaci di sfornare credibili "hooks", portando la band
ad un inaspettato equilibrio in sede creativa. NAME OF THE GAME
e TAKE IT ALL sono la definitiva dimostrazione che PETE HAM
e' un "first-class-song-writer", in grado, a tratti, di tenere il con-
fronto con il mostro sacro McCartney (e direi che non e' poco,
vi pare?...); le due ultime songs menzionate sono rari esempi di
"note-perfect-song-ballads" (di cui, ovviamente, HAM era indiscusso
maestro).
Ma anche i suoi compagni, come anticipato in precedenza, non
sono da meno: l'uno-due, spiazzante quanto perentorio di
MONEY e FLYING (quasi concepite come una mini-suite all'in-
terno dell'album) e' "figlio diretto" dell'ancora freschissimo
(e influentissimo) ABBEY ROAD beatlesiano, con cadenze tipiche
del miglior McCartney (d'altronde fu lui il dominatore dell'ultima
perla a nome Beatles); MOLLAND eccelle con SUITCASE, sorta
di pacata "on-the-road-track", dalla ritmica coinvolgente e
piacevolmente satura (una saturazione comunque contenuta).
Infine, DAY AFTER DAY e' quanto di piu' quintessenziale il pop
possa risultare al primo ascolto; porta la firma, of course, di PETE HAM.
Il genio artistico di HAM e soci tocchera' in questi due "lost-
classics" del power-pop anni '70 il suo acme ed insuperato
vertice, sebbene nelle produzioni successive non manchino
zampate di "first-class-music", come ad esempio la zuccherosa,
lacrimante APPLE OF MY EYE, contenuta in ASS, edito nel
1973. Successivamente i BADFINGER, in fase nettamente
calante, si prodigheranno in un ultimo, disperato sforzo, nel
tentativo di catturare quel successo che da tempo era loro
sfuggito, acuendo i loro gia' dissoluti, sventrati ego, e condu-
cendo il gruppo (e relavite carriere dei solisti) verso un vicolo
cieco senza apparente via d'uscita (numerosi saranno i guai
finanziari, personali e giudiziari che perseguiteranno incessante-
mente il gruppo inglese fino al loro inevitabile scioglimento).
L'ultimo acuto sara' rappresentato da WISH YOU WERE
HERE, del 1974. Poi il Nulla.
HAM si suicidera', impiccandosi, il 23 Aprile del 1975 (4
giorni prima del suo 28° compleanno), a seguito di continui
problemi sia di ordine finanziario che personali, mentre
EVANS "seguira'" le sue "gesta" 8 anni piu' tardi, anch'egli
impiccandosi, il 19 Novembre 1983, immediatamente dopo
una violenta discussione telefonica avvenuta con MOLLAND.
Il motivo per cui i BADFINGER si siano situati nel
profondo del mio cuore mi risulta ancora piuttosto oscuro;
evidentemente, tra le tante qualita' di questo sottovalutatis-
simo e dimenticato complesso, risiede una certa dose di
impercettibile potere subliminale, coadiuvato da quell'inse-
parabile senso di misticismo che accompagna tutte i tragici
capitoli finali di una band storica. Non so quanto "storici"
possano essere reputati HAM e Soci, comunque e' innegabi-
le che, pur non avendo cambiando il corso della Storia del
Rock, essi hanno espresso pagine di indimenticabile, e a tratti,
superbo "power-pop", imponendosi come un combo dotato
di grande fascino e decadente stile, attraverso il quale
viene a diffondersi uno strambo ibrido mirabilmente caratte-
rizzato da una repentina e veloce scalata verso le vette piu' alte del
"craftmanship" britannico al quale, si sovrappone, idealmente e
fatalmente, un'altrettanto rapida discesa verso la follia, follia che
divorera', spietatamente, acidamente, le vite di due giovanotti
che avrebbero dovuto, ma non hanno potuto.
... ma tutto cio' non importa. Importa invece che le note
di intensa decadenza e struggimento di MIDNIGHT
CALLER risiederanno, e per l'eternita', nel punto piu' pro-
fondo della mia anima.
E, statene certi, non e' affatto mia intenzione rimuoverla.
ALAN "J-K-68" TASSELLI
...il
vostro interlocutore dopo la Mezzanotte....
Inspodestato
Sovrano dei Grandi Solitari.......
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