03-08-2002
NATI PER ESSERE INCOMPRESI:
FREDDIE MERCURY E LA SUA LEGGENDARIA
ACRIMONIA VERSO LA STAMPA MUSICALE
La comprensione non e' mai stata una condizione di privilegio
per Freddie Mercury. La sua presunta sensibilita' "ad alta tensione
emotiva" non gli avrebbe facilitato il penoso processo di "smontatura
artistica" di cui fu troppo spesso vittima, garantendogli ad ogni modo (se
essa puo' rappresentare in qualche maniera una "onesta" forma di
giustizia compensatrice) il titolo di "Grande Incompreso del Circo
Rock", un'"investitura" che ancora oggi, a piu' di dieci anni
dalla sua morte, si sparge in udibilissimi echi di rivolta propagandistici
pro-Mercury.
Il leader dei Queen fu un lampante esempio di "innovazione"
trans-musicale, sovrapponendo agli arcinoti canoni della musica pop-rock un
elemento allora considerato come anti-popolare e fortemente fuori luogo: l'arte
visiva.
Un ramo particolarissimo ed inedito di arte, grazie alla quale le leggendarie
pose narcisistico-effeminate di Mercury si rivelavano la perfetta compensazione
per l'art-rock "macchiato" di provocatorio dandysmo di cui i Queen si
eressero, nel giro di pochi anni, a Maestri e Propagatori insuperati. E Freddie
fu l'uomo che ebbe il coraggio di tramutare quell'oltraggiosa forma artistica in
spudorato, (quanto mai pericolosamente tendente al kitsch) effetto visivo
multi-laterale.
Su questa epocale "mis-en-scene" di Mercury fecero spesso perno le
acidissime, distruttive critiche rivolte ai Queen, spesso "deturpati"
della loro stessa, ed apparentemente indiscutibile, leadership
musicale-compositiva. I recensori /giornalisti musicali dell'epoca (mi riferisco
agli anni di ascesa al successo dei primi QUEEN, vale a dire il periodo
intercorrente tra il 1973, quando pubblicarono il loro album d'esordio e
l'esplosione a livello mondiale di
BOHEMIAN RHAPSODY + relativo, leggendario e pionieristico video promozionale)
sembravano provare un sadico gusto nell'affossare di continuo le velleita'
artistiche e teatralmente esibizionistiche di Mercury e Compagni, ma purtroppo,
all'epoca, la stampa specializzata lasciava alquanto a desiderare; vigeva, tanto
per intenderci, la seguente equazione: "gruppo dal troppo e veloce successo
= stroncature musicali ad libitum", il piu' delle volte, e mi si permetta
di dirlo, senza valide ragioni che potessero essere legate al lato strettamente
tecnico della questione.
Epica ed ormai considerata la "Regina (...) di tutte le interviste" fu
quella che ebbe atto nel 1977, ad opera del giornalista Tony Stewart, ai
"danni" di un infuocatissimo Freddie Mercury.
In realta'essa si sarebbe tramutata, nel giro di pochi secondi, in uno spaccato
da manuale di acrimonia "sapientemente" riversata
sull'"immondo", incompetente recensore. L'oggetto della disputa, manco
a dirlo, fu il mal gradito eccessivo istrionismo (traducibile eloquentemente in
"narcisismo esasperato") di Mercury "on-stage", il quale,
secondo la ferrea opinione di Stewart, altro non "criptava" che le
carenze tecnico-musicali-creative dei Queen. Come si potrebbe esclamare in
questi casi... "LESA SUA MAESTA' MERCURY"...
E difatti la replica non tardo' a venire. Da... "pacifico" (ma non
troppo) scambio di opinioni, tutto venne tramutato in una memorabile battaglia
tra due contendenti appartenenti (a dir poco) a due fazioni opposte, entrambi
fermamente e cocciutamente pronti a rivendicare, spesso tradendo il fair-play a
favore del quasi-insulto, le proprie convinzioni ed i propri valori, non solo
musicali ma anche etico-professionali (se di... "etica" e' lecito
supporre, in questo epico ed inedito scontro fra musicista ed addetto alla
stampa....).
Secondo lo stesso Mercury, Stewart non era altro che un incompetente, in grado
di spendere il suo tempo solo per condannare cio' che di peggio e di
innamissibile i Queen possedevano, incapace percio', sempre a vivo parere del
cantante, di esprimere una benche' minimamente decente impressione di stampo
prettamente musicale; in pratica il giornalista veniva "bollato", e
senza mezzi termini, come "venduto" e "prevenuto", un
giudizio che implicitamente Mercury intendeva estendere a tutta la categoria.
Stewart, da par suo, insisteva sul fatto di come i Queen fossero naturalmente
votati piu' all'"hype" piuttosto che intenti a produrre belle canzoni,
sottolineando, una volta di piu', l'infinito, debordante e fastidioso narcisismo
della "Regina" per antonomasia del Rock. Per Stewart la presunta arte
visiva ed egocentrica di Mercury erano quanto di piu' sbagliato e
"politicamente scorretto" nel Business musicale potesse esistere...
Costui non poteva certo tollerare un performer che offriva champagne alla sua
platea; nondimeno dichiarava, seppur implicitamente, il suo amore e rispetto
verso la vecchia categoria di rockers, quelli votati alla concezione di
"rock eterosessuale", principio sfondato e poi demolito proprio
dall'imposizione, a livello mondiale, di un personaggio ambiguo e perverso come
Freddie Mercury, il quale non ebbe alcun problema ad erigersi ad icona e
principale responsabile della divulgazione di questa frivola quanto narcisistica
"nuova filosofia-rock. Una cosa e' certa: con lui il Rock acquisto' un
altro aspetto, che ai tempi non fu affatto facile comprendere per i "vecchi
addetti", sia critici che musicisti; l'arte visiva grazie al cantante dei
Queen avrebbe trovato la sua giusta collocazione, e le numerose connotazioni gay
presenti sia negli atteggiamenti privi di pudore da parte dell'oltraggioso
leader che nei testi da lui composti non avrebbero più costituito un tabù
insormontabile o semmai uno "status" (quello, più volte reiterato
dell'omosessuale represso) del quale vergognarsi.
Con Mercury tutto questo divenne realta', ma, come spesso capita a chi propone
soluzioni innovative troppo in anticipo sui tempi, si corre il fatale rischio di
essere falciati, calpestati; dall'ottuso cinismo e dall'eccessivo difetto in
"larghe vedute" da parte di una troppo frettolosa ed arrogante stampa
musicale, il cui hobby preferito sembrava essere, allora, quello di dover (a
tutti i costi) stroncare il piu' possibile band come i Queen o tutti coloro che
potevano vantare un talento compositivo e "performante" immenso e
fuori dell'ordinario, ma che avevano, allo stesso tempo, ....la
"pecca" di essere arrivati al successo troppo in fretta.
Tale disputa e' ancora oggi viva e fiammante, sebbene i critici odierni siano di
gran lunga piu' "aperti" rispetto a quelli del passato. I Tony Stewart,
per nostra fortuna, non esistono piu', si puo' considerare "specie (una
CATTIVA) specie estinta" da tempo ed alla quale appartenevano
"personaggi di dubbissimo gusto" come la citata MELISSA MILLS ...
ricordate..... il primo album degli URIAH HEEP?....: ".....se questo gruppo
sfonderà, io mi suicidero'...".
Il sottoscritto gia' espresse, nel capitolo URIAH HEEP pubblicato poco tempo fa,
la sua inconvertibile, acida opinione al riguardo, e certo non avra' bisogno di
ripetersi all'infinito.
Che abbiano le fiamme dell'Inferno sotto il culo e per l'eternita'....
In fondo, il Male, in vita, hanno professato ed il Male ora viene loro
restituito....
Una legge "divina" alla quale non si puo' e non si deve assolutamente
sfuggire...!
ALAN J-K-68 TASSELLI
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