15-11-2004

 

 

 

'L'ULTIMO BACIO'... (…o l'ultimo… strazio?...)

 

Dimenticatevi del cliche' legato alla cosiddetta 'generazione X'. Dimenticatevi

anche di tutto il clamore suscitato alla sua uscita, premi e riconoscimenti

compresi. Dimenticatevi, infine, dell'omonimo brano composto da Carmen Consoli.

...ma non dimenticatevi (o, se preferite, come me, fare l'esatto contrario)

quelle urla 'a rotta di collo'che costituiscono l'epicentro drammatico ed

emotivo de L'ULTIMO BACIO. Davvero non condivido la scelta stilistica di elevare

all'ennesima potenza 'isterismi collettivi di massa' sui quali fa da sfondo (o

pretesto) il cruciale tema legato alla 'paura di crescere'. La quarta opera di

Gabriele Muccino verte su di un, a tratti alquanto fastidioso, 'over-acting' da

parte di attori certo convincenti e perfettamente 'in parte', ma anche spesso in

bilico tra paradosso e situazioni al limite del grottesco. Cio' che realmente

'salva' in extremis la pellicola di Muccino e' il ritmo: frenetico, convulso,

spasmodico, nevrotico: gli umori e stati emotivi dei protagonisti salgono e

scendono con la stessa rocambolesca energia di quelle inquadrature

virtuosistiche impegnate a 'divorare', sia in salita che in picchiata, rampe di

scale simili a vortici irrefrenabili, una metafora, se vogliamo, dei/sui

trentenni di oggi: la gioventu' moderna non si accontenta (o meglio: non puo' e

non deve, secondo futili parametri esistenziali) della stabilita' acquisita, ma,

anzi, cerca di scardinarla affinche' non si corra il rischio di imbattersi in

una (assai probabile) 'morte della passione', e quindi del sentimento umano in

generale. Ed e' da questo 'non-valore' generazionale che la grettezza del

quasi-trentenne assume proporzioni devastanti: menzogne su menzogne, poi

contro-smentite, di nuovo menzogne, fino a perdere, in un dissoluto, perpetuo

atto di auto-distruzione, tutto cio' che era stato costruito con sudore e

sacrificio. Che Muccino indichi nei 'suoi' protagonisti (o 'vittime designate',

se preferite...) figure di scarso spessore morale, unito a spropositate dosi di

meschinita' ed amenita', e' fuor di dubbio, 'SACRO' ed inappuntabile... Ma sono

dell'opinione, al tempo stesso, che, quando di mezzo c'e' la narrazione di un

contesto delicato come quello giovanile a cavallo tra gli anni '90 ed il Terzo

Millennio appena sbocciato, non si debba mai optare per una eccessiva

spettacolarizzazione incentrata su di una Societa' che gia' si contorce su se

stessa, e non ha percio' bisogno di strazianti urla 'sventra-corde-vocali' onde

rendere piu' efficace e reale il dramma delle vicende sentimentali/esistenziali

in corso. Manca, in linea di massima, un deciso, autoritario approccio

introspettivo volto ad approfondire la psiche di personaggi/persone appena

abbozzate, sospese, indecise tra il percorrere fedelmente binari esistenziali

predefiniti oppure sovvertire la magra, monotona realta' con la fuga verso un

ipotetico Eden dal quale poter tracciare un nuovo percorso ed aspirare ad

allettanti e ripaganti prospettive, sia professionali che affettive, il tutto

condito da quell'opprimente, 'occulto' alone di incertezza ed insicurezza

inconfondibile 'trademark' della 'X-generation'. Emblematico il personaggio

interpretato da Stefano Accorsi (Carlo) attraverso il quale viene offerta una

magistrale sintesi raffigurante quell''innata ambiguita'' di cui giovani

scapestrati ed immaturi dei nostri tempi sembrano non poter davvero fare a meno,

quasi 'divina richiesta' di 'nuova linfa vitale': Carlo/Accorsi vorrebbe

liberarsi, senza eccessivi scrupoli, della stantia e monotona routine che da

troppo tempo lo ossessiona e 'debilita' psichicamente, MA SENZA voler

rinunciare, al contempo, alla stabilita' di un matrimonio (con tanto di 'baby'

in arrivo) costruito passo dopo passo, e che gli garantira' una indiscussa fonte

di certezza riguardo il suo futuro. In definitiva, un pugno nello stomaco alla

'coerenza morale' dell'essere umano, egoista oltre ogni limite, incapace di

preoccuparsi, maniacalmente, di nessun altro al di fuori che di se' stesso, per

poi scioccamente, ultra-ipocritamente pentirsi e ritornare, alla stessa maniera

di uno squallido guitto da terza categoria, dalla donna di sempre, che ora

sembra amare piu' di prima.

 

Ma alla categoria del 'prossimo-ai-Trenta-=-piena-crisi-emotiva' si affianca, o

meglio, si sovrappone, quasi ne fosse il proprio 'satellite', il delirio

sentimentale/spirituale di una cinquantenne, Anna (Stefania Sandrelli), incapace

di accettare l''oceano di disillusioni' dentro il quale sta lentamente

sprofondando: ne fuoriesce un personaggio senza classe, drammaticamente incapace

di affrontare il peso degli anni, incapace soprattutto di accettarsi per cio'

che e', intenta, al contrario, nel cercare, ultra-pateticamente, di apparire

cio' che vorrebbe essere, ma che mai sara' ('crimine', questo, assoluto!!…).

Anna/Sandrelli rappresenta, nel moderno immaginario collettivo, il cliche' di

madre/moglie in crisi, fatalmente dispersa in un vortice di contraddizioni e

fasi di 'folle immaturita'' che, alla fine, non conducono da nessuna parte: un

'sali-e-scendi' emotivo che ha come 'colonna sonora' una roboante nevrosi,

nevrosi che non nasconde altro che l'incapacita' di ammettere le proprie

debolezze ed errori commessi in passato (altro 'discreto crimine'…).

 

Trentenni che hanno tutto a un tratto paura di ritrovarsi, il giorno dopo, gia'

tristi ed inespressivi cinquantenni, e cinquantenni che vorrebbero, in un batter

di ciglio, ritornare trentenni: una spirale di trasgressioni lasciate a meta',

mai portate fino in fondo, all'insegna della piu' raccapricciante incoerenza,

oramai assurta a definitivo 'trend generazionale di inizio Millennio'.

 

Ed il finale e' l'episodio piu' fiacco, prevedibile ed inutile de 'L'ULTIMO

BACIO', sorta di 'accomodamento morale e spirituale' cosi' schifosamente,

ignobilmente… accomodante che ad un certo punto ci si chiede se Muccino avesse

intenzione di accontentare tutti oppure nessuno. Gradirei la risposta fosse

'nessuno', almeno mi renderei conto che c'e' molta piu' gente dotata di pensiero

autonomo di quanto fosse lecito pensare, e invece… invece sarete tutti tornati a

casa contenti, ripagati dal 'molle epilogo' di un film che sembrava voler dire

qualcosa ma che, in conclusione, e' riuscito nell'impresa (per la verita' di non

insormontabile difficolta') di non dire assolutamente NULLA.

 

In fondo… non stiamo discutendo di una 'generazione X', vale a dire, in altri

drastici (sebbene piu' convincenti) termini, 'generazione NULLA'?…

 

…sic…k… il Vuoto incombe… e non mi riferisco certo solo a quegli afflosciati,

spenti, sgonfi trentenni 'sparpagliati' in lungo e in largo 'L'ULTIMO BACIO'…

una pellicola di cui non sentiro' affatto la mancanza… come del resto la

generazione che sto vivendo (o subendo?…)…

 

ALAN J-K-68 TASSELLI (LUCA COMANDUCCI)

 

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