12-11-2003
…giusto
qualche appunto su ‘IL GRANDE LEBOWSKI’
Senza
il benche' minimo dubbio, uno dei films piu' assurdi che mi sia mai
capitato
di vedere: in questo contesto, la parola "assurdo" acquista un
significato
tutto suo, "appartato", sorta di puzzle vignettistico impazzito,
quasi
si fosse trattato di una decina di film tagliati in piccoli pezzi, poi
fatti
saltare in aria ed una volta ricaduti in terra, ricomposti, dando loro un
senso
di strambo, equivoco melting pot di situazioni al limite del paradosso (a
tratti,
sinceramente, varcato del tutto!!...). E' assolutamente impossibile
emettere
una definizione razionale per questo film, cosi' come e' stato (e
tutt'ora
e') tecnicamente impossibile definire i films di Tarantino (PULP
FICTION,
tanto per mettere tutti d'accordo). Pulp, violento, sadico,
porno-erotico,
vigorosamente, distortamente psichedelico, scollacciato,
non-sense,
grottesco, parodistico, auto-ironico, spregevole ed istantaneo, tutti
aggettivi
che sono compresi, compressi e rimescolati infinite volte nei 112
minuti
piu' allucinanti ai quali mi sia mai capitato di assistere. Questo, ai
miei
occhi, e' stato IL GRANDE LEBOWSKI, ovvero uno spaccato di vita assurda che
prosegue
lungo tutto l'arco del film con un approccio demenzial-psichedelico
apparentemente
senza soluzione di continuita'. Un gioco a incastro che, quando
si
e' sul punto di risolverlo, si contorce, si rigira su se stesso assumendo
contorni
diametralmente opposti, con il principale compito di disorientare,
spiazzare,
destabilizzare il pubblico, alla stessa, fottutamente disinvolta
maniera
del Drugo che lancia la sua palla da bowling contro i birilli. Sia che
si
tratti di un tiro ad effetto, o di un semplicissimo diretto, quei poveri
birilli
saranno costretti ad "ingoiare" il colpo. E quegli stessi birilli,
metaforicamente,
siamo noi tele-cinespettatori, che, nostro malgrado, non
potremo
esimerci dall'amarlo oppure odiarlo a morte (nel mio caso entrambi i
sentimenti
sono corrisposti), certamente non rimanerne indifferenti. E di
questo,
i Fratelli Coen, erano del tutto consapevoli (e consenzienti),
altrimenti
come mai avrebbero potuto giustificare un simile campionario
trash-visivo?...
Ma si tratta, nel caso del GRANDE LEBOWSKI, di un "trash
positivo",
puramente intrattenitivo, sorretto da una colonna sonora talvolta
bizzarra,
altre volte un pochino piu' prevedibile, e comunque in perfetta linea
con
lo stile (se di stile si puo' parlare) del film.
JEFF
BRIDGES (DRUGO - THE DUDE, in originale) e' uno sfaticatissimo losangelino,
talmente
pigro da non doversi nemmeno cercare un lavoro, cosi' dannatamente
pigro
da disporre, in pratica, di un unico hobby, che rappresenterebbe il solo,
accertato
comune denominatore della pellicola: il bowling. Penso si sia trattato
della
prima volta che una palla da bowling assumesse le sembianze di
"ego-trip-psichedelico"
(in assoluto la scena piu' gustosa ed accattivante de IL
GRANDE
LEBOWSKI).... E' lo stesso Bridges, al culmine del "viaggio" piu'
elaborato
ed allucinato, ad ammirare la sala da bowling mentre e' all'interno di
una
delle tante palle lanciate verso i birilli destinatari: la telecamera compie
vorticose
parabole, gira su se stessa, per poi irrompere fragorosamente alla
meta.
I Coen si dimostrano compiaciuti (ed assai) nell'eccedere in queste
"sbandate
iper-surreali tardo-psichedeliche": un micidiale, spesso indigeribile
connubio
di oscenita' ed atti dalla travolgente ilarita', tutte componenti
"malate"
ed ossessive da digerire in un sol colpo. Ed alla fine di questo
rivoltante
processo, lo spettatore non potra' che vomitare l'inedita poltiglia
ingurgitata
sul fondo di un water, epicentro, naturalmente, dell'ennesima ondata
di
schizophrenia di due registi in perenne "ego-acid-trip".
E,
quasi a voler rispettare sacralmente, il principio di "assurdita'" che
incombe
(spesso pesantemente, ma questa e' un'altra storia, non quella di cui
sto
dibattendo ora) sulla pellicola dei Coen, IL GRANDE LEBOWSKI non poteva che
terminare...
NON TERMINANDO... ovvero lasciando disperdere tutta la
(farraginosa,
insulsa, incomprensibile, vomitevole, stralunatissima) trama in
un'accozzaglia
di "perche'", "mah.." "se"... dovendo renderci
alla fine conto di
come
in tutta franchezza i due geniali registi si siano presi gioco non solo di
certe
convenzioni sociali e sotto-generi cinematografici ma anche (e
soprattutto,
sorprendendoci, un'ennesima volta) di noi stessi in qualita' di
fottuto
pubblico, un pubblico che si sarebbe aspettato quello che non si sarebbe
mai
dovuto aspettare e viceversa...
In
definitiva, se i Fratelli Coen avessero avuto l'intenzione di "mockeggiare"
(ovvero
prendere in giro) la "pulpfictionite" alla Tarantino, risultato
migliore
non
poteva essere ottenuto....!!...
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