Uno dei capolavori horror più celebrati di ogni tempo, il film
diretto da Roman Polanski è da considerarsi assai più rilevante da un punto di
vista sociologico piuttosto che (in quanto si tratterebbe di giudizio assai
scontato e prevedibile) ‘spettacolare’: 'Rosemary's Baby' (Roman
Polanski, 1968) non ha lo stesso deviante, massacrante impatto de 'L'ESORCISTA',
ne' l'irresistibile ritmicità ed imprevedibilità dei film di Hitchcock; non è
sufficientemente gotico od inventivo quanto certe produzioni della Hammer, ne'
particolarmente elaborato nella sua struttura sintattica: molto più
semplicemente: 'Rosemary's Baby' è una lunga, estenuante, angosciosa discesa
agli Inferi, specchio deforme di una realtà distorta, prima, soverchiata, poi,
dall'antico culto della stregoneria, ‘strumento’ malefico che funge da
‘vampiro psichico’, in grado di succhiare anima e logica soggiogando
razionalità e lucidità dell’uomo. Sebbene in esso venga trattato un tema
completamente differente, 'Rosemary's Baby' assurge, in senso strettamente
cine-iconografico, ad antesignano del terremotante blockbuster diretto da
William Friedkin nel 1973: sia ‘Rosemary’ che ‘L’Esorcista’, infatti,
si fanno ‘carico’ di un impatto socio-psicologico devastante, che non può
non rimanere impresso nella coscienza dello spettatore: un ribaltamento della
(presunta) stabilità di una società, quella americana, apparentemente perbene,
inattaccabile, irreprensibile nell'espletamento delle funzioni quotidiane, un
eccesso di sicurezza e trasparenza sociale che, con glaciale cinismo, maschera,
'cripta' un sottobosco popolato da pervertiti e stregoni, strani intrugli e
macabri feticismi, adoratori di Satana e messe nere.
'ROSEMARY'S BABY' incute sullo spettatore lo stesso raccapricciante
brivido provocato da una vedova nera che si arrampica, lentamente, sulla pelle
di un assopito safarista in cerca di svago e contemplazione con Madre Natura: il
film cresce lungo un sadico percorso di inquietudine e sottile angoscia tanto
quanto quel ragno velenoso si inerpica, centimetro dopo centimetro,
sull'epidermide dello sciagurato vacanziero, prossimo ad uno sconcertante
risveglio.
La pellicola inizia con i coniugi Guy e Rosemary Woodhouse al culmine
del loro idillio amoroso da perfetta coppia borghese-fine anni '60 (ed ivi non
può che sorgere, spontaneamente, il rimando alle figure di Robert Redford e
Jane Fonda di 'A Piedi Nudi Nel Parco', dell'anno precedente, sebbene si
trattasse, il loro, di tutt'altro affare...), idillio che, minuto dopo minuto,
si affievolisce, si oscura, si rende melmoso, incerto,
sinistro, alla stessa maniera di un dolce suono di carillon interrotto
sempre più frequentemente da diaboliche unghie intente a grattare con
crescente, sadica intensità uno specchio. E il canto, quasi da ‘nenia
infantile’, della stessa Farrow, che apre e chiude il film, rappresenta il
perfetto complemento sonoro, facente da contrappunto allo spossante crescendo di
nevrosi e precipizi emotivi della protagonista: come un lungo sonno
‘macchiato’ da immagini inquietanti non ben definite, sonno intriso di
sguardi la cui espressione nasconde un infinito desiderio di malvagità e
rovesciamento di identità e sentimento umani.
Ma ciò che davvero percuote, detronizza i nostri sensi, sono gli
sguardi beffardi, apparentemente ‘normali’ degli ‘antagonisti’ di
Rosemary, le cui mimiche facciali ondeggiano perennemente sull’orlo di un
‘surrealismo nero’, dando ‘corpo e anima’ ad ossessive, perpetue
suggestioni. Già, la suggestione: Polanski riesce magistralmente nell’intento
di ‘assuefare’ la mente dello spettatore rendendolo sempre più partecipe
del travaglio psichico-emotivo di Rosemary/Farrow, fino a quel ‘non-finale’
che non fa che interdire e stordire ulteriormente. Agghiacciante come Polanski
riesca a trascinarci lungo i polverosi condotti degli Inferi mantenendo,
contemporaneamente, uno stato di assoluto equilibrio, restìo a qualsiasi cenno
di recitazione e direzione sopra le righe: è in questa sede che trionfa,
implacabilmente, ‘Rosemary’s Baby’, e, conseguentemente, il genio del
regista franco-polacco.
In altri termini: ‘Rosemary’s Baby’ fungerà egregiamente da ‘antipasto’ a ‘L’ESORCISTA’, esemplarmente erigendosi ad ‘iniziazione a Satana’: il Diavolo è pronto per rapire, prima, stuprare, poi, la vostra non più così intatta e candida anima….!…
ALAN J-K-68
TASSELLI (LUCA COMANDUCCI)
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