21-12-2005

 

 

‘ROSEMARY’S BABY’ secondo Alan J-K-68 Tasselli

 

Uno dei capolavori horror più celebrati di ogni tempo, il film diretto da Roman Polanski è da considerarsi assai più rilevante da un punto di vista sociologico piuttosto che (in quanto si tratterebbe di giudizio assai scontato e prevedibile) ‘spettacolare’: 'Rosemary's Baby' (Roman Polanski, 1968) non ha lo stesso deviante, massacrante impatto de 'L'ESORCISTA', ne' l'irresistibile ritmicità ed imprevedibilità dei film di Hitchcock; non è sufficientemente gotico od inventivo quanto certe produzioni della Hammer, ne' particolarmente elaborato nella sua struttura sintattica: molto più semplicemente: 'Rosemary's Baby' è una lunga, estenuante, angosciosa discesa agli Inferi, specchio deforme di una realtà distorta, prima, soverchiata, poi, dall'antico culto della stregoneria, ‘strumento’ malefico che funge da ‘vampiro psichico’, in grado di succhiare anima e logica soggiogando razionalità e lucidità dell’uomo. Sebbene in esso venga trattato un tema completamente differente, 'Rosemary's Baby' assurge, in senso strettamente cine-iconografico, ad antesignano del terremotante blockbuster diretto da William Friedkin nel 1973: sia ‘Rosemary’ che ‘L’Esorcista’, infatti, si fanno ‘carico’ di un impatto socio-psicologico devastante, che non può non rimanere impresso nella coscienza dello spettatore: un ribaltamento della (presunta) stabilità di una società, quella americana, apparentemente perbene, inattaccabile, irreprensibile nell'espletamento delle funzioni quotidiane, un eccesso di sicurezza e trasparenza sociale che, con glaciale cinismo, maschera, 'cripta' un sottobosco popolato da pervertiti e stregoni, strani intrugli e macabri feticismi, adoratori di Satana e messe nere.

'ROSEMARY'S BABY' incute sullo spettatore lo stesso raccapricciante brivido provocato da una vedova nera che si arrampica, lentamente, sulla pelle di un assopito safarista in cerca di svago e contemplazione con Madre Natura: il film cresce lungo un sadico percorso di inquietudine e sottile angoscia tanto quanto quel ragno velenoso si inerpica, centimetro dopo centimetro, sull'epidermide dello sciagurato vacanziero, prossimo ad uno sconcertante risveglio.

La pellicola inizia con i coniugi Guy e Rosemary Woodhouse al culmine del loro idillio amoroso da perfetta coppia borghese-fine anni '60 (ed ivi non può che sorgere, spontaneamente, il rimando alle figure di Robert Redford e Jane Fonda di 'A Piedi Nudi Nel Parco', dell'anno precedente, sebbene si trattasse, il loro, di tutt'altro affare...), idillio che, minuto dopo minuto, si affievolisce, si oscura, si rende melmoso, incerto,  sinistro, alla stessa maniera di un dolce suono di carillon interrotto sempre più frequentemente da diaboliche unghie intente a grattare con crescente, sadica intensità uno specchio. E il canto, quasi da ‘nenia infantile’, della stessa Farrow, che apre e chiude il film, rappresenta il perfetto complemento sonoro, facente da contrappunto allo spossante crescendo di nevrosi e precipizi emotivi della protagonista: come un lungo sonno ‘macchiato’ da immagini inquietanti non ben definite, sonno intriso di sguardi la cui espressione nasconde un infinito desiderio di malvagità e rovesciamento di identità e sentimento umani.

Ma ciò che davvero percuote, detronizza i nostri sensi, sono gli sguardi beffardi, apparentemente ‘normali’ degli ‘antagonisti’ di Rosemary, le cui mimiche facciali ondeggiano perennemente sull’orlo di un ‘surrealismo nero’, dando ‘corpo e anima’ ad ossessive, perpetue suggestioni. Già, la suggestione: Polanski riesce magistralmente nell’intento di ‘assuefare’ la mente dello spettatore rendendolo sempre più partecipe del travaglio psichico-emotivo di Rosemary/Farrow, fino a quel ‘non-finale’ che non fa che interdire e stordire ulteriormente. Agghiacciante come Polanski riesca a trascinarci lungo i polverosi condotti degli Inferi mantenendo, contemporaneamente, uno stato di assoluto equilibrio, restìo a qualsiasi cenno di recitazione e direzione sopra le righe: è in questa sede che trionfa, implacabilmente, ‘Rosemary’s Baby’, e, conseguentemente, il genio del regista franco-polacco.

In altri termini: ‘Rosemary’s Baby’ fungerà egregiamente da ‘antipasto’ a ‘L’ESORCISTA’, esemplarmente erigendosi ad ‘iniziazione a Satana’: il Diavolo è pronto per rapire, prima, stuprare, poi, la vostra non più così intatta e candida anima….!…

ALAN J-K-68 TASSELLI (LUCA COMANDUCCI)

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