28-01-2006
Echi
Da Un Passato Mai Vissuto
(…Does genius come from outer Space? Is inspiration an extraterrestrial super-natural force? - could it be a particular form of impulse or vibration coming from people living in unknowns planets?)
Dal Diario di Leonard
Abraham Kocsis, 25 Giugno 1912:
‘Ecco: ho appena abbandonato la dimensione terrena:
subentra un’entità parallela che mi fa vagare perpetuamente in una sorta di
‘Terra di Nessuno’: da questo preciso istante il mio umore si contrae e
viene irrefrenabilmente soggiogato dall’’IO’ più assoluto: la mia
misantropia raggiunge lo zenith, e diviene pressoche’ uno status
inattaccabile, pronta a concedersi alla più feconda ed incontaminata
immaginazione. Metamorfosi: sono impenetrabile, sfuggente, la mia motivazione
nell’interagire con le anime terrene contemporanee si sgretola, divenendo
progressivamente più flebile ed insignificante: è come se venissi
‘chiamato’ da migliaia e migliaia di ‘sirene attentatrici’, le quali,
attraverso ossessive cantilene, mi esortano ad abbandonare il mio ‘status di
comune mortale’ onde abbracciare nuove e più stimolanti realtà, magari
quelle stesse realtà che mi aiuterebbero a fuggire dall’eterno stato di
disillusione di cui diabolicamente affetto in vita. Si presenta, a tratti con
frequenze altissime, un derragliante sentimento di ‘non-appartenenza’
a tutto ciò che mi circonda, come se io, per natura, non meritassi quel preciso
spazio e tempo assegnatimi dal destino. Dunque avviene, in tali frangenti, un
distacco spirituale totale ed irrinunciabile, spesso traumatico nel suo
presentarsi e manifestarsi…’
Dal Diario di Manuel
Heriberto Casales, 18 Luglio 1924:
Un Sabato d’estate del 1924. Osservo il silenzio di un
cimitero disperso in un angolo remoto di campagna, mentre una fanciulla dallo
sguardo sinistro ma fatalmente magnetico ‘cola’ la propria fiammante chioma
sulla lapide di sua madre morta dieci anni prima, per poi appoggiare lo sguardo
su di me: si avvicina e con debordante naturalezza abbraccia il mio corpo rigido
e scosso da inedita emozione: colgo le sue lacrime, la stringo forte, sono
posseduto dal suo calore, non posso fare a meno di sciogliere le mie fantasie
nel bagliore di quel triste, incerto comunque soffice sorriso, mentre folate di
vento di Scirocco alleggeriscono il peso di una silenziosa estasi che ‘minaccia’,
attimo dopo attimo, di condurci nel più inespugnabile cielo dell’inconscio.
Poi… poi lei fugge via, forse spaventata dai suoi stessi fantasmi, dalla sua
stessa impossibilità di esistere, vivere, essere. Morire. ---
-----------------------------------------Di nuovo solo. A coccolare le mie
suggestioni su quell’incontro senza introduzione ne’ epilogo. Pochi secondi
e…. tra quello spoglio ed acre silenzio da giornata sospesa nel tempo avverto,
con sempre maggiore intensità, il manifestarsi di una strana mistura di incenso
ed esalazioni chimiche: il mio ultra-ricettivo olfatto viene sedotto,
sopraffatto, annichilito, ‘disinnescato’: non posso che, inesorabilmente,
cadere in un suggestivo, catartico ‘limbo dell’oblio’.
Non la rividi mai più.
Un rintocco di campana apre una breccia in questo
‘strato’ di schiavizzante malinconia, fino al desiderio di non voler più
udire nulla, fino al desiderio di annullarmi completamente. Tutto d’un tratto
desidero divenire polvere affinche’ il vento spazzi via quest’ego troppo
innamorato di ciò che non esiste, o di ciò che non avrà mai un seguito.
Un altro rintocco di campana e la dissoluzione schiude i
cancelli alle anime corrotte, delle quali io sono il loro più degno fratello,
compagno e amante…
Dal Diario di Leonard Abraham Kocsis,
18 Luglio 1912:
Caro 'NonSoPerche'TiScrivo', non posso trattenermi dal
fagocitare ulteriormente la mia mente con ampie iniezioni di 'liturgie
psichedeliche', finche' essa non sia del tutto sazia e possa distenderla su di
un soffice manto di metafisica placidità.
Mia cara amica, il viaggio verso la
normalità è ancora lungo, spossante nella ricerca di punti di riferimento e di
astratti letti sopra i quali distendere la mia anima in pena, corrotta e
seviziata. Scissa. Ma, seppur capricciosa, meravigliosamente, sorprendentemente
pulsante. Giocosa, danzante. Straziante. Sento che anche per stanotte dimorerò
in fondo al 'cunicolo della follia', rannicchiato su me stesso ed il mio
'allegro auto-lesionismo'. Avverto ancora quelle ‘sirene attentatrici’,
raccapriccianti nel loro 'criminal affabulare' i miei ultra-ricettivi
iper-sensibili sensi... Sto per cedere. Non cederò. Sto per cedere. Mai cederò.
Sotto i miei piedi, il terreno comincia ad ansimare: è il
preludio a piccoli movimenti tellurici che hanno origine dal 'Baratro di
Nevrosja', strato ultimo di una ‘psicosi-poltergeist’, devastante nella sua
moltitudine di folletti dispettosi dediti a miriadi di sovrapposizioni umorali,
fino al definitivo ‘golpe’ al mio inconscio. D’un tratto un sordo monologo
irrompe sul ‘Palco Del Subconscio’: ‘Cosa vuol dire essere 'maledetti'?...
Semplicemente
l'esser la punta dell'iceberg dell'assurdo più assurdo inconcepibile...!! Noi 'cosiddetti maledetti' non siamo che un paradosso che
si contorce su se stesso all'infinito... e cosa c'è di meglio che cavalcare
l'onda di quell''Infinito?... Non
sono che un passante disperso in un'era di passaggio costantemente in bilico tra
razionale ed irrazionale. Intorno
a me ruotano situazioni, vicissitudini, sentimento ed ira, ma è come aver
imparato ad esserne immuni... Nessuno
mi tocca, nessuno vuole parlare con me, non sono che un ectoplasma che tenta
invano di mischiarsi alla carne ed al sangue degli esseri umani...’
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L'ispirazione viene dagli angoli più remoti dello
Spazio. Essa è direttamente proporzionale alle evoluzioni che avvengono senza
soluzione di continuità negli angoli più disparati dell'Universo: più un
individuo possiede quella che io definisco 'emotività ancestrale' più
codesto individuo avrà maggiori capacità 'spazio-ricettive': trattasi di
processi alchemici, che procedono ad intermittenza. Quando ad esempio veniamo
colti da folgorante ispirazione potrebbe voler dire che un Pianeta in un
lontanissimo Universo è in fase di genesi, mentre la depressione potrebbe
essere sintomo derivante dal collasso di una stella o di fragorosissime
esplosioni di palle di fuoco aventi massa spropositata.
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In
quel primo pomeriggio di Martedì 29 Aprile 1912 era come se una piccola
orchestra di flauti-traverso in costante sublimando stesse ornando un dipinto
dominato da tinte fosche di grigio, sulla corrente di una garbata seppur vaga
sensualità tardo-autunnale: il cielo triste e quasi piangente ‘cadeva’
divinamente su quello sguardo malinconico assai prossimo a struggenti
rivelazioni d’amore. Meredith siede su di una panchina all’estremità di un
parco. Il mondo, per brevi, fugaci istanti, sembra essere rapito dalle sue
occhiate fulminee da eterna adolescente dispersa tra irregolari oscillazioni
sentimentali e grasse illusioni, tratti quanto mai obbligati per una persona
dotata di eccessiva sensibilità. Meredith sembra quasi godere di quelle sue
oramai proverbiali ansimazioni, palpiti emotivi irrefrenabili facenti da
idilliaco contrappunto agli immaginari flauti che conferiscono costanza al
colore di un’inusualmente ombrosa e decadente giornata di fine Aprile. Un
ultimo sussulto orchestrale in impetuoso crescendo atti a dipingere secondi di
fremente disarmonia interiore, piccolissimi quasi impercettibili sibili di
nevrosi oscillano nella mente di Meredith, poi… l’invadenza strumentale si
trasforma in acuta dissolvenza, i flauti sembrano quasi attecchire, spegnersi,
soffocarsi l’un con l’altro. Un sorriso crepuscolare ed ecco che il
paesaggio in sottofondo torna trionfalmente padrone della scena.
TELEMACO PEPE (LUCA COMANDUCCI)
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