12-02-2007
PHOTOGRAMMI
Ed ecco espandersi in assolvenza un penombroso viale adornato di bluastra luce fioca e sospesa. Un lungo, monotematico sibilo, lo stesso di chi immerge la testa nell’acqua udendo quel suono così soavemente fastidioso, eppur (a me) assai lieto. Capto, in lontananza, ottoni in glissando, strizzati, ora, strozzati, poi, stridenti, durante, stremati, infine; eseguono lente scale di note, come se si trattasse di un’orchestra da banda durante fase di accordatura; folate sonore che cospargono il mio ego di inediti ibridi emotivi: per un attimo è gelido terrore, il secondo successivo desiderio di essere entrato a far parte di inusuali visioni partorite dall’Ignoto. Accarezzo le vette sublimi di un amore maledetto vissuto sull’orlo di una compiacente autodistruzione, due amanti: cullano ed inginocchiano le proprie trepidanze su malinconie senza eguali, autoindulgenza dorata, quella tristezza appena appena sfuocata, ma mai lesa, ne’ offuscata, solo accarezzata, una volta di più abbandonata. Un argine di fiume viene ripreso dai miei occhi alla stessa maniera di una telecamera che compie una zummata a ridosso di vorticose onde in un dì di tempesta. I miei sensi sono come incantati, stregati, annichiliti, si rendono melmosi, i suoni della realtà si convertono in acquose vibrazioni ultraterrene che non intendo certo modificare. Vengo sommessamente annunciato da stentoree voci di folletti in un continuo calvario di asimmetriche assonanze e sibillini controcanti, seppur dal magnetismo irreversibile. Traghetto le mie oltraggiose utopie fino a scontrarmi con la Truppa Dei Glissati, smarritisi lungo l’Oceano Stonato, regalando al mio sensibilissimo udito un tripudio di tempi dispari. Il cielo nel frattempo è divenuto un’immensa nuvola rosso-porpora, sembra un cuore a petto aperto che batte e pulsa, con raccapricciante lentezza. Fluttuo perche’ non posso che fluttuare. Ascolto, perche’ non posso che ascoltare, soave e succube di ancestrali richiami di fanciulle piangenti, troppo sensibili perche’ potessero abbracciare un’esistenza terrena. Ogni secondo che passa una di loro muore, scivolando nel baratro di un’immaginazione perversamente senza limiti, e svanisce spegnendosi all’unisono con il lento sospirare di spiriti zoppicanti, mescolandosi all’intenso chiarore pronunciato da lampioni avvolti in una nebbia essa stessa specchio di tanta feroce malinconia che, via via, cosparge di soffice decadenza questo limbo di eredi dell’Oblio.
‘Il denaro di
ognuno di noi dovrebbe essere sempre e solo costituito dal senso di gratitudine
della gente’, un angelo mi sussurra, per poi sciogliersi in una tetra
foschia.
Ed
ecco materializzarsi la Dea Mhelanconja, accompagnata da un manto di lacrimosa
fuliggine argentata: con lei inizio un lungo, dimesso, silenziosissimo cammino a
braccetto, lungo i condotti delle oscure ed enigmatiche Valli Del Subconscio,
percorrendo milioni di menti, interrogando Scissioni Vacanti, sovraccaricandomi
di centinaia e centinaia di punti interrogativi… fino a giungere, spossato e
disincantato, alla Grande Incognita Finale…..
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Telemaco
Pepe alias Luca Comanducci
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