10-04-2005

   

 

21:14: dentro il grande schermo

 

di Telemaco Pepe (Luca Comanducci)

 

 

Sono le 21:14 e la mia coscienza, quel briciolo rimastami, perseguita, senza sosta, a strisciare lentamente sopra la superficie che divide un mondo di luce e razionalita' da un sottosuolo abitato da mostri e fantasmi, costoro alfieri del mio 'Io Irrazionale'. Incontri e scontri, coppie che nascono e che muoiono, ed io li', nelle vesti di spettatore inerte. Seduto. Immobile e neutro. Sulla sedia di un Cinema vuoto e fatiscente. Ivi e' in corso la proiezione di un inedito, inquietante lungometraggio. I personaggi sono assolutamente ordinari, ma cio' che non e' ordinario e' la messa in scena, sconnessa, scollacciata, ma irresistibile nel suo 'acuto, inusuale bozzettismo'. Sembra quasi io debba, da un momento all'altro, 'entrare' dentro quella stramba, spiazzante pellicola; sembra io debba 'abdicare' la mia neutralita' di distratto spettatore in favore di un ruolo cine-iconografico netto ed indimenticabile, quasi se il destino mi volesse riservare una, fino a pochi secondi fa del tutto imprevista, 'immortalità'. Avviene il fatidico ‘trapassaggio’: Faccio il mio 'ingresso', dunque, dentro il film, e la mia vita da quell'istante diviene l'enorme schermo dal quale, neanche mezzo minuto prima, ero assuefatto ed incantato. I personaggi che durante la visione mi apparivano come 'icone' irraggiungibili ora sono lì, ad  un passo dal mio volto ancora in stato di semi-trance: il mio stato emotivo è in netta evoluzione e le espressioni del mio viso si complementano idillicamente con quelle degli attori protagonisti. Finalmente posso interagire con loro, litigare e discutere, innamorarmi e fuggire, inseguire e cadere, ridere o piangere: tutto ciò che nella vita reale non avevo mai avuto ne' vissuto, ora è dinanzi a me, alla mia portata: d'improvviso mi sento uguale agli altri, pieno di luce e pathos, espressivo e sgargiante, colorato e roboante: innegabilmente ancora io, ma un 'io' differente, lontano dalle 'macchie d'ombra' e 'silenziose pulsioni auto-distruttive' sofferte lungo l'arco di una tormentatissima esistenza. Lascio morire nel passato le antiche 'saghe del rifiuto' che tanto, troppo hanno annichilito il mio ego, fino a succhiarlo del tutto, fino a soffocare, 'strozzare' la mia intelligenza. Ora potro' lottare ad armi pari con quei mostri e fantasmi che, in vita, sembravano (erano?) invincibili, e quelle figure, da me prima esaltate ed erette a Divinita' Supreme poi rabbiosamente osteggiate, Angeli tramutatisi in Demoni e viceversa. Gli angoli all'estrema periferia della citta' non sono che una dimensione a cui più non appartengo: è come se mi trovassi al centro dell'Universo, ma un Universo visto e percepito con occhio diverso, con netta e lucida coscienza, senza inibizione alcuna. Libera e free-form. Nessun ostacolo, nessun complesso di sorta, nulla. Cio' che prima costituiva l'enigma, adesso rappresenta la certezza. Cio' che un tempo erano dissidi ed acerrimi, feroci scontri con 'ignoti' e loschi individui senza volto, qui, sul grande schermo, sono esseri umani con i quali poter scambiare una naturalezza di dialogo e comprensione inaudita, quasi commovente, affatto ‘terrestre’ nel suo evolversi. L'idillio è ad un passo dal suo compimento. Il sottoscritto, con immutabile scaltrezza ed oramai acquisito senso della scena, passa da un fotogramma all'altro della pellicola, incontrando ad uno ad uno tutti coloro con i quali ebbe, prima del 'trapassaggio', un rapporto di tragica, soffertissima incompiutezza. E le voci strazianti che fino a ieri rimbalzavano pedisseque e sconquassanti lungo i tortuosi, scoscesi meandri della mia psiche, divengono, in questo contesto, dolcissime bisbiglia e morbide, pastose sussurra, a suggello di una ‘joie de vivre’ che forse nemmeno negli anni di piu’ spensierata (se mai essa fu davvero spensierata) fanciullezza fui in grado di cogliere ed assorbire in tutto il suo fiabesco splendore.

Nessuna chiosa, nessun finale per un film talmente unico e struggente nella sua romantica, ‘remota bellezza’, affinche’ questa scena incisa nel tempo possa durare in eterno e condurmi lungo silenziosissime vie ‘solcate’ da comparse, passanti qualunque. Gente comune e pensieri comuni. Fino a divenire io stesso invisibile ed irraggiungibile icona, dinanzi all’estasiata espressione di uno spettatore, seduto proprio sulla stessa sedia sulla quale, neanche dieci minuti prima, ero seduto io… …mentre la cinepresa osserva, statica e paziente, la mia sagoma che progressivamente si rimpicciolisce al centro del grande schermo, fino a scomparire del tutto.

Dissolvenza, schermo nero. Silenzio assoluto.

Assolvenza, nuova scena in corso.

E quel nuovo, solitario spettatore, è in procinto di prendere il mio posto….

 

TELEMACO PEPE (LUCA COMANDUCCI)

 

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