11-04-2005
‘FRAMMENTI
DI SOLITUDINE’
Di Telemaco Pepe (Luca Comanducci)
...chissa',
un giorno forse tutto questo sara' solamente un brutto ricordo, un incubo
affogato e giacente in un remotissimo fondale della mia coscienza, a bisticciare
con altri incubi e demoni in passato 'partoriti' e successivamente esorcizzati.
In un simil stato catatonico, non posso fare di meglio che buttare giù
dell'inchiostro elettronico e fare una gara di velocità con la mia fantasia per
vedere fin dove entrambi possiamo arrivare. Fuori piove, ma anche al mio interno
piove, anzi: sono in corso burrasche, tornadi, tifoni, il vento tira così forte
da piegare la pioggia, fino a darle una direzione quasi orizzontale; sbattono
porte, il cielo sembra annichilire e squarciarsi dinanzi a tanto impeto, viro il
mio sguardo all'insù onde 'incollare' occhi e cuore su quel pezzo di blu ora
metamorfizzatosi in un magnetico, alchemico intruglio assai simile, per gamma di
colori, ad una cicatrice ancora aperta e sanguinante fissata nel volto di un
soldato di guerra appena colpito da una scheggia di granata in pieno viso... E
dopo lente strisce di sangue cadenti e sprazzi di acquazzone ad intervalli
irregolari, tutto si placa: per un attimo, anche solo per uno, ho ritrovato me
stesso. La mia corsa contro la fantasia ed il tempo si è smarrita, scioltasi a
poco a poco in una nube dal piacere catartico e sublimante.
Il
Piccolo Labirinto Di Albert
Albert
è un bellissimo bambino. Ha 8 anni ma ha già alle spalle un’infanzia
tumultuosa e funestata da piccoli ma terribili traumi. Albert è una creatura
sensibilissima, che per un tragico errore di Madre Natura è cresciuto con una
rarissima malformazione all’interno del proprio cervello: tale malformazione
consiste nell’auto-produzione costante ed irreversibile di una ancora non
meglio identificata cellula, che prende il nome di ‘X-CELL’, ‘cellula-x’,
la quale, a livello subliminale, sprigiona una forza psichica repulsiva tale da
allontanare immediatamente chiunque tenti di avvicinarsi al piccolo Albert. Ne
consegue che Albert, gia’ a 8 anni, è il fanciullo più solo al mondo.
Incredibilmente solo. Anzi: il ‘simbolo’ stesso di solitudine. Bambini ed
adulti gli ruotano incessantemente intorno ma nessun contatto può avvenire,
nessun gioco o passatempo che egli possa condividere con i suoi coetanei, e
nessun dottore o scienziato che si preoccupi di esaminare il suo caso. Esplode
‘la sindrome dell’assurdo’: infinito è il suo amore per la vita tanto
quanto è infinita la paura ed il pregiudizio che vengono vomitati da quegli
stolti cronicamente incapaci di ‘mettere in gioco’ la propria emotività, il
proprio coraggio anche solo per qualche minuto. Un minuto di gioia e
comprensione per il piccolo Albert. Per favore… UN SOLO minuto e donerete un
briciolo di luce al suo cuore fragile e sempre pronto a battere per gli altri,
nonostante il vostro efferato, criminale, inarrivabile egoismo… Nulla. Proprio
nulla. E’ il vuoto piu’ incombente. Un silenzio soffocato regna eterno,
insolubile nella sua inedita asfissia emotiva. Ed allora il piccolo Albert,
tutto ad un tratto, cessa di ascoltare e di guardare, e comincia a correre…
comincia a correre attorno ad un piccolo labirinto ai lati di un tetro parco
sperduto in mezzo a lastre di cemento ed imponenti, soffocanti palazzi di vetro.
Corre, corre, il piccolo Albert, corre sempre più forte, ancora più forte,
fino a rimanere senza fiato, e poi di nuovo pronto a ripartire… con l’unico,
mirabile scopo di perdersi dentro quel piccolo, magico labirinto, e non
ritrovare mai più la via d’uscita.
Il
Lago Dell’Oblìo
In
un infinito giorno di Agosto, una fanciulla solitaria dai capelli lunghi e
nerissimi rimane immobile per ore a comando della propria barchetta a remi
lasciata vagare al centro del ‘Lago Dell’Oblìo’. Forse sta piangendo o
forse più semplicemente ridendo. Forse solo sospirando o silenziosissimamente
gemendo. Il suo cuore muore lentamente all’ascolto di campane nuziali che,
sebbene solo per pochi istanti, divorano quel sacro, ingovernabile silenzio di
cui lei è regina incontrastata e suo più alto idillio. D’un tratto lascia
cadere con levigata, quasi danzante lentezza, il braccio sinistro lungo la
superficie dell’acqua… Due lacrime solcano da ambo i lati il suo viso ancora
bellissimo ed immacolato, indifferente al tempo ed alle leggi di Madre Natura.
Muore il giorno, e così muore anche lei, proprio mentre i novelli sposini,
dall’altro argine della realtà, si dichiarano amore eterno.
TELEMACO
PEPE (LUCA COMANDUCCI)
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